domenica 31 ottobre 2021

sabato 30 ottobre 2021

Dauðalogn

 

 

 





Squarcio

 

Può piovere o tirar vento, ma non importa; spesso una piccola gioia può impadronirsi di te in un giorno di pioggia, spingendoti a ritirarti in te stesso con la tua felicità. Allora cerchi di darti un tono; guardi dritto davanti a te, di tanto in tanto sorridi in silenzio e volgi lo sguardo intorno. A che cosa pensi? Al vetro trasparente di una finestra, a un raggio di sole che batte sul vetro, alla vista di un ruscello e, forse, a uno squarcio azzurro fra le nubi. Non serve di più.

Knut Hamsun, Pan

 


 

 

 

 

venerdì 29 ottobre 2021

giovedì 28 ottobre 2021

Ever-Changing Song

 

First a spout
bursting through

all that blue with the sun clanging on it,
then a slope,

wheeling, almost slowly,
through the blue air, and four times—

or maybe five—I see her dive,
the dark flukes flaring,

silhouetted, raised heavy for a moment into all that light.
If I paddled a canoe or could swim that far, we might meet,

her great eye opening to my small one, each cornea
bending the light,

setting off the translation into vision, gazing
into the dark pupil of the other.

Ellen Bass, Ever-Changing Song

 

Prima uno spruzzo
che irrompe attraverso

tutto quel blu nel fragore di un sole che sovrasta,
poi un volteggio

roteando, quasi con lentezza,
nell’aria azzurra, e per quattro volte —

o forse cinque — a questo punto vedere immergersi
le nere ali della pinna caudale,

il suo profilarsi, pesantemente sollevata per un attimo in tutta quella luce.
Se avessi remato in canoa o fossi riuscita a nuotare così lontano, ci saremmo potute incontrare,

il grande occhio di lei aperto sul mio piccolo occhio, ognuna delle cornee
piegata alla luce,

nell’atto di trasformare la traslazione in visione, lo sguardo fisso
nell’oscura pupilla dell’altra.

 


 



  

Emissioni CO2

 


 

 

 

 

Ddl Zan

 

 



mercoledì 27 ottobre 2021

Nomi

 

I gatti non hanno nome – disse.
– No?
– No – disse il gatto. – Voi persone avete il nome. E questo perché non sapete chi siete. Noi sappiamo chi siamo, perciò il nome non ci serve.

Neil Gaiman

 


 

 

 

 

 

lunedì 25 ottobre 2021

Wabi-sabi

Wabi-sabi

Due termini giapponesi che racchiudono un tesoro immenso. Letteralmente significano “semplicità” e “bellezza dello scorrere del tempo”.

La parola Wabi-sabi indica la bellezza imperfetta, impermanente e incompleta. Si tratta di una visione del mondo fondata sulla capacità di accogliere la transitorietà delle cose e di riconoscere la bellezza anche nell’imperfezione.

 

 


 

 



Silence

 

Il silenzio muore, il rumore prende dappertutto il potere. È la sola calamità ecologica sulla Terra di cui nessuno parla.

Alain Finkielkraut 

 



 

 

 

sabato 23 ottobre 2021

Hardship of Life

 

Il fotografo è il turco Mehmet Aslan che con questa immagine che ha chiamato "Hardship of Life" (le difficoltà della vita), ha vinto il Siena international photo awards 2021.

Distretto di Reyhanli, nella provincia turca di Hatay, al confine con la Siria. Un padre, Munzir, ha perso la gamba destra a causa di una bomba caduta mentre stava passeggiando in un bazar di Idlib in Siria. Suo figlio Mustafa è nato senza gli arti inferiori e quelli superiori a causa di una malformazione, la tetramelia, causata dall'assunzione di farmaci da parte della madre Zeynep, colpita, durante la guerra in Siria, dal gas nervino. Mustafa avrà bisogno in futuro di protesi elettroniche che purtroppo, al momento, non sono ancora disponibili in Turchia. 

 






Tana

 


 

 

 

 

Listening

 

E se le oche che starnazzano in cielo ti raccontassero com’è viaggiare così lontano?

O un pesce descrivesse come l’amo lo trafigge, la scossa della lenza?

E se una foglia potesse sussurrare il lento struggimento
del verde che scompare? O un albero, il colpo improvviso dell’ascia?

Cosa accadrebbe se fossimo in grado di udire il pianto dei minuscoli moscerini?

Ellen Bass, Listening

 


 

 

 

Andare via

 

Saper andare via
è un’arte
che s’impara col tempo
oppure devi essere un gatto:
con un balzo
elegantissimo e muto –
torni a essere randagio

 

Irene Marchi

 

 


 

 

 

giovedì 21 ottobre 2021

Ernest Pignon / Napoli

 


Era il 1988 quando Ernest Pignon arrivò a Napoli per le prima volta. Una città infernale, caotica, dove il contatto con la morte poteva finanche toccarsi. () Ernest Pignon vagava tra i vicoli napoletani per incollare le proprie serigrafie sui muri dei palazzi antichi, pure su quelli dimenticati o sulle lisce superfici dei parapetti delle scalinate di una chiesa. Lo faceva di notte affinché di giorno il pubblico ne fosse sorpreso. Nasceva da un varco del centro storico un corpo esanime e ossuto, ispirato a un quadro di Luca Giordano e battezzato Le Soupirail (1990). Un ingresso acheronteo si apriva come una porta nel Vico di S. Agostino alla Zecca, dove un uomo reggeva il peso del corpo del compagno morto a causa delle peste, molto probabilmente quella del 1656, e si incamminava verso l’oltretomba.

A San Biagio dei Librari, Ernest Pignon aveva incollato una citazione del noto quadro di Caravaggio La morte della Vergine, affinché le donne di Spacca Napoli potessero vegliarla. E quando due anni dopo, in uno dei suoi viaggi di ritorno nella città, scoprì che una delle due signore, Antonietta, era morta, decise di ritrarla su un muro di San Biagio dei Librari per dedicarle perenne memoria come era avvenuto con la Vergine.

Da questa ricerca tra sacro e quotidiano nacque anche una versione tutta contemporanea di Davide con la testa di Golia, solo che questa volta le teste erano due, quelle di Caravaggio e Pasolini.

Oggi tutto quello che ci resta delle sue opere sono solo fotografie, molte delle quali realizzate da Alain Volut, noto per gli scatti della sua Napoli in bianco e nero. In bianco e nero proprio come era la scelta di Ernest Pignon-Ernest; le sue serigrafie, generalmente prive di colore, si amalgamavano così in modo del tutto spontaneo e naturale con il piperno, come fossero una seconda pelle dei muri.

http://www.racnamagazine.it/cera-volta-poesia-ernest-pignon-ernest/

http://www.alainvolut.com/l%27%E9preuve-du-temps/002.htm

 









mercoledì 20 ottobre 2021

Ginko

 



 

 

Ginko Biloba

 

Il Ginkgo biloba è un albero antichissimo le cui origini risalgono a 250 milioni di anni fa, e per questo è considerato un “fossile vivente”; proviene dall’Asia, dove è noto come l’elisir dell’eterna giovinezza. Il nome “ginkgo” deriva dal giapponese Yin-kuo, e significa letteralmente “albicocca d'oro”; il termine "biloba", invece, fa riferimento alla particolare forma a due lobi delle sue foglie nelle quali sono racchiusi dei preziosi principi attivi.

Il Ginkgo biloba è in grado di sopravvivere ad ogni avversità grazie alla sua capacità di resistenza ai fattori ambientali, all’inquinamento atmosferico e alla sua immunità agli attacchi parassitari. È così resistente che ancora oggi ne esistono sei esemplari sopravvissuti alle radiazioni prodotte dalla bomba atomica sganciata sulla città di Hiroshima. Sei di questi alberi sono rimasti miracolosamente in piedi resistendo alle radiazioni e alle altissime temperature, divenendo dei veri e propri monumenti alla vita nonché emblema della nazione. Ognuno di questi sei alberi ha un proprio nome o riferimento geografico (Shukkeien, Myojoin-Ji, Josei-Ji, Hosen-Ji, quella del tempio di Anraku-Ji e quella della scuola Senda). 

In Cina, nella regione montuosa del Zhongnan, c’è un antichissimo esemplare di Gingko Biloba nei pressi del tempio buddista di Gu Guanyin, e ha 1400 anni. Un’età immensa, che è difficile anche solo comprendere.

 


 



martedì 19 ottobre 2021

The World Has Need of You

 

 ogni cosa qui

sembra aver bisogno di noi…

Rainer Maria Rilke



Posso a malapena immaginarlo

mentre cammino verso il faro, percependo l'antica

preghiera delle mie braccia oscillanti

in contrappunto ai miei piedi.

Eccomi, sospesa

tra il marciapiede e il crepuscolo,

mentre il cielo si oscura così velocemente da sembrare vivo.

Cosa accadrebbe se sentissi l'invisibile

strappo tra te e tutto?

Passa un ragazzo in bicicletta,

la sua camicia bianca si apre, dispiegando

dietro di lui come due ali.

È difficile essere umani. Sappiamo troppo

e troppo poco. La brezza ha bisogno di noi?

Le scogliere? I gabbiani?

Se sei riuscito a fare una cosa buona,

l'oceano non se ne cura.

Ma quando la mela di Newton cadde sulla terra,

anche la terra, pur se di poco, si slanciò

allo stesso modo verso la mela

 

Ellen Bass, The World Has Need of You

 


 

 

 

 

Lost dog

 







lunedì 18 ottobre 2021

Pace

 
Io vulesse truvà pace; 
ma na pace senza morte. 
Una, mmieze'a tanta porte, 
s'arapesse pe' campa'! 
S'arapesse na matina, 
na matin' 'e primavera, 
e arrivasse fin' 'a sera 
senza dì: 'nzerràte llà! 
Senza sentere cchiù 'a ggente 
ca te dice: io faccio...,io dico, 
senza sentere l'amico 
ca te vene a cunziglia'. 
Senza senter' 'a famiglia 
ca te dice: Ma ch' 'e fatto?
Senza scennere cchiù a patto 
c' 'a cuscienza e 'a dignita'. 
Senza leggere 'o giurnale... 
'a nutizia impressionante, 
ch'è nu guaio pe' tutte quante 
e nun tiene che ce fa'. 
Senza sentere 'o duttore 
ca te spiega a malatia..
'a ricett' in farmacia... 
l'onorario ch' 'e 'a pava'. 
Senza sentere stu core 
ca te parla 'e Cuncettina, 
Rita, Brigida, Nannina...  Chesta sì… Chell'ata no. 
Pecchè, insomma, si vuo' pace 
e nun sentere cchiu' niente, 
'e 'a spera' ca sulamente 
ven' 'a morte a te piglia'? 
Io vulesse truva' pace 
ma na pace senza morte. 
Una, mmiez' 'a tanta porte 
s'arapesse pe' campa'! 
S'arapesse na matina, 
na matin' 'e primavera, 
e arrivasse fin' 'a sera 
senza di': nzerràte lla'!







Abbandono

 

Ho capito di essere una persona abbandonabile.

Non nel senso che non posso evitare l’abbandono, che mi è ovvio fin da bambina. Ma che lo considero una possibilità imminente e talvolta auspicabile. Un tempo pensavo di essere una che abbandona facilmente. Ora so che, anche se con dolore, sono abbandonabile. Voglio dire che quando sento che non ci sono le condizioni per incontrarsi davvero, per intendersi senza troppa fatica, «abbandonami» è un invito liberante. Non è obbligatorio tenermi, frequentarmi è facoltativo. E questo dà molta leggerezza e grazia all’incontro. Come fanno le libellule e forse i volatili in genere. Può far molto male all’inizio, può atterrare ma poi piano piano si sente che sopra la testa e tutt’intorno si allarga un grande spazio libero. C’è piú sfondo e un sentore appena accennato di nuove possibilità. L’odore è l’esatto opposto dell’odore di bruciato. Un profumo fresco di bucato appena steso, di pavimento appena spazzato e poi lavato. Con cura. Con le finestre aperte.

Chandra Candiani, Questo immenso non sapere

 


 

 

 

mercoledì 13 ottobre 2021

Orrore allevamenti

 

Vitellini separati dalla madre subito dopo la nascita, isolati in minuscoli box di dimensioni esigue e colpiti e maltrattati dagli operatori dell’allevamento. Sono immagini terribili quelle raccolte da Essere Animali che in nuova investigazione, è entrata sotto copertura all’interno di un allevamento di mucche da latte produttore di Grana Padano, il formaggio DOP più consumato al mondo.

Nella video-indagine, l’organizzazione documenta le condizioni dei vitelli in un allevamento di mucche da latte situato in Lombardia, in provincia di Bergamo che produce come dicevamo, Grana Padano con il caseificio a fianco alle stalle, al cui interno vi sono 2.700 animali, tra mucche e tori, oltre che circa 300 vitelli.

Essere Animali documenta il parto di una mucca e la nascita del vitello, che avviene mediante l’utilizzo di una corda tirapiedi, legata alle zampe anteriori dell’animale per facilitarne la fuoriuscita. Il vitello appena nato viene trascinato per alcuni metri all’interno del recinto e allontanato subito dalla madre. Ma non solo. In un’altra scena, un operatore mostra all’investigatore sotto copertura come spostare i vitellini: un animale nato da poche ore viene caricato senza alcuna cura su una carriola e immobilizzato in una posizione innaturale, accavallandogli una zampa anteriore attorno al collo.

In tutti gli allevamenti intensivi, i vitelli appena nati sono separati dalla madre al momento della nascita e rinchiusi in recinti individuali. Allontanando i vitelli si agevolano le operazioni di mungitura quotidiana di migliaia di mucche, il cui latte viene così interamente destinato al mercato, o come in questo caso alla produzione di Grana Padano. Ma la pratica porta con sé non solo danni comportamentali sugli animali, ma anche problemi fisici.

Inoltre, i surrogati del latte con cui vengono alimentati i vitellini sono volutamente mancanti di fibre e ferro per l’intero periodo di ingrasso, in modo che gli animali crescano sviluppando un’ anemia che conferisce alla loro carne caratteristiche considerate più apprezzate dai consumatori. Essere Animali ha, infine, documentato che gli operatori colpiscono ripetutamente con calci e schiaffi gli animali.

"Cambiare è possibile, considerato anche il crescente numero di cittadini europei che chiedono maggiori standard di benessere per gli animali allevati. Per questo, assieme a 77 ONG di tutto il mondo, esortiamo la Commissione Europea a una completa revisione della legislazione sulla protezione degli animali da allevamento”, spiega ancora il presidente.

Con la campagna No Animal Left Behind, coordinata da Eurogroup For Animals, le organizzazioni chiedono di i consentire il contatto tra il vitello e la madre per almeno le prime otto settimane di età, di fornire condizioni abitative che soddisfino le esigenze comportamentali dei vitelli, i quali dovrebbero essere allevati in gruppi e avere accesso ad aree all’aperto.

"Abbiamo un’opportunità unica, entro settembre possiamo convincere la Commissione Europea a intraprendere una completa revisione della legislazione sulla protezione degli animali da allevamento, e fornire una miglior protezione per i vitelli ed altre specie. Noi chiediamo standard di benessere più elevati, che non lascino indietro nessun animale”, dichiara Reineke Hameleers, Direttore di Eurogroup for Animals.

https://www.greenme.it/informarsi/animali/allevamento-vitelli-grana-padano/









martedì 12 ottobre 2021

Columbus Day

 

Nel 1492 i nativi scoprirono di essere indios,
scoprirono di vivere in America,
scoprirono di essere nudi,
scoprirono che esisteva il peccato,
scoprirono di dovere obbedienza a un re e una regina di un altro mondo e a un dio di un altro cielo,
e che questo dio aveva inventato la colpa e i vestiti,
e aveva comandato di bruciare vivo chi avesse adorato il sole, la luna, la terra e la pioggia che bagna

Eduardo Galeano

 




sabato 9 ottobre 2021

Dialoghi del presente


 Luciano Cilio, Napoli 1950 – Milano 1983

Cilio cercava una musica che non fosse stata ancora ascoltata, che non si potesse trovare già pronta in scatola. Composti già nel ‘69, i suoi "Dialoghi del presente" videro la luce soltanto nel ‘77 per la EMI; rimarranno l'unica pubblicazione in vita di Luciano Cilio. Ovviamente introvabili, sono stati ripubblicati qualche anno fa in un cofanetto che è una vera e propria perla: "Dell'universo assente" (ed. Die Schachtel), a cura di Girolamo De Simone, allievo di Cilio, pianista e direttore della rivista di musiche contemporanee Konsequenz.

www.nazioneindiana.com

 







venerdì 8 ottobre 2021

Rifiutare

 

In certe occasioni, di fronte agli eventi, noi sappiamo di dover rifiutare. Il rifiuto è assoluto, categorico. Non si discute, né sente ragioni. Anche quando, se occorre, si palesa solitario e senza parole alla luce del sole. Gli uomini che rifiutano, legati dalla forza del rifiuto, sanno di non essere ancora insieme. Il tempo dell’affermazione comune, per l’appunto, gli è stato tolto. Ciò che gli resta è il rifiuto irriducibile, l’amicizia di questo No sicuro, irremovibile, rigoroso, che li rende uniti e solidali.
Il movimento del rifiutare è raro e difficile, benché costante e uguale in ciascuno di noi dal momento in cui lo facciamo nostro. Perché difficile? Perché ci occorre rifiutare non solo il peggio, ma anche una parvenza di ragione, una soluzione che ci dicono felice e addirittura insperata. (…)
Ciò che rifiutiamo non è senza valore, né senza importanza. È proprio per questo che il rifiuto è necessario. C’è una ragione che non accetteremo più, c’è un’apparenza di saggezza che ci fa orrore, c’è un’offerta di accordo e di conciliazione che non ascolteremo. Si è prodotta una rottura. Siamo stati condotti a questa franchezza che non tollera più la complicità.
Quando noi rifiutiamo, lo facciamo attraverso un movimento senza disprezzo, senza esaltazione e, per quanto è possibile, anonimo, perché il potere di rifiutare non si compie con noi stessi, né soltanto in nostro nome, ma a partire da un inizio assai semplice che appartiene innanzi tutto a chi non può parlare.

Maurice Blanchot



 

Limits

 


 

 

 

 

sabato 2 ottobre 2021

Be the change

 

"Avevo dodici anni e vivevo con mio nonno quando un giorno, tornando da scuola, gettai via un mozzicone di matita. Invece di comprarmene una nuova, il nonno mi esortò a tornare indietro e recuperare quella che avevo buttato. Ero ancora piccolo e l’idea mi sembrò ridicola; obbedii, ma senza capire il perché di quella richiesta. Mi dissi che, quando avesse visto quant’era consumato il mozzicone di matita, persino il nonno avrebbe dovuto ammettere che non era più utilizzabile. Invece no: (…) anche un oggetto piccolo come una matita richiede l’impiego di molte risorse del pianeta, oltre al tempo e all’impegno investiti nella sua produzione. Perciò gettare via un oggetto ancora utilizzabile è un atto doppiamente violento: contro la natura, perché ne sprechiamo le risorse, e contro l’umanità, perché lo stile di vita dispendioso di alcuni contribuisce a perpetuare la povertà degli altri. Definì questo genere di comportamenti come violenza passiva. È una violenza così diffusa, mi fece notare, che abbiamo smesso di considerarla tale…"

Arun Gandhi

Il nonno di questo aneddoto era Mohandas Karamchand Gandhi, nato il 2 ottobre 1869.

 



Ottobre

 

 

Riposate – alberi.
Cade azzurra l’estate
dentro i pozzi. Nel freddo
d’un’acqua di cielo
e la luce, perdute le potenze
giace nel pesto d’un mattino
mesto. Oggi, due di ottobre
finiscono le calde feste.

È arrivato qualcosa che resta, ora,
e ci buttiamo dentro le lane
qualcuno nelle tane dorme già -
l’ape si appresta a chiudere le porte.
Non uscirà. Nel buio sta
dell’alveare. E noi un poco ci doliamo
e un po’ torniamo alla felicità
raccolta dei fogli, delle carte.

Mariangela Gualtieri