venerdì 8 ottobre 2021

Rifiutare

 

In certe occasioni, di fronte agli eventi, noi sappiamo di dover rifiutare. Il rifiuto è assoluto, categorico. Non si discute, né sente ragioni. Anche quando, se occorre, si palesa solitario e senza parole alla luce del sole. Gli uomini che rifiutano, legati dalla forza del rifiuto, sanno di non essere ancora insieme. Il tempo dell’affermazione comune, per l’appunto, gli è stato tolto. Ciò che gli resta è il rifiuto irriducibile, l’amicizia di questo No sicuro, irremovibile, rigoroso, che li rende uniti e solidali.
Il movimento del rifiutare è raro e difficile, benché costante e uguale in ciascuno di noi dal momento in cui lo facciamo nostro. Perché difficile? Perché ci occorre rifiutare non solo il peggio, ma anche una parvenza di ragione, una soluzione che ci dicono felice e addirittura insperata. (…)
Ciò che rifiutiamo non è senza valore, né senza importanza. È proprio per questo che il rifiuto è necessario. C’è una ragione che non accetteremo più, c’è un’apparenza di saggezza che ci fa orrore, c’è un’offerta di accordo e di conciliazione che non ascolteremo. Si è prodotta una rottura. Siamo stati condotti a questa franchezza che non tollera più la complicità.
Quando noi rifiutiamo, lo facciamo attraverso un movimento senza disprezzo, senza esaltazione e, per quanto è possibile, anonimo, perché il potere di rifiutare non si compie con noi stessi, né soltanto in nostro nome, ma a partire da un inizio assai semplice che appartiene innanzi tutto a chi non può parlare.

Maurice Blanchot



 

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