Il problema principale era
che non mi piace la gente, e in particolare non mi piacciono i miei coetanei,
cioè quelli che popolano l'università. Ci andrei volentieri se ci studiassero
persone più grandi. Non sono uno psicopatico (anche se non credo che gli
psicopatici si definiscano tali), è solo che non mi diverto a stare con gli
altri. Le persone, almeno per quel che ho visto fino adesso, non si dicono
granché di interessante. Parlano delle loro vite, e le loro vite non sono
interessanti. Quindi mi secco. Secondo me bisognerebbe parlare solo se si ha da
dire qualcosa di interessante o di necessario.
Non ha senso entrare in
contatto così con una persona e poi andare via. Non lo capisco. Lo strano è che
io sono un asociale, ma quando entro in contatto con uno sconosciuto – anche se
si tratta solo di un sorriso o di un cenno con la mano, che non credo sia
considerato un vero contatto ma per me lo è – mi sembra che dopo non possiamo
andarcene ognuno per la sua strada come se niente fosse.
(...) Credo che sia
questo a farmi paura: la casualità di tutto. Persone che per te potrebbero
essere importanti, ti passano accanto e se ne vanno. E tu fai altrettanto. Come
si fa a saperlo?
(…) Mi rendo conto che non ha
molto senso pensare queste cose e poi non fare il minimo sforzo per interagire
con gli altri, ma comincio a credere che la vita sia piena di queste tragiche incongruenze.
(Peter Cameron - Un giorno questo dolore ti sarà utile)
(Peter Cameron - Un giorno questo dolore ti sarà utile)
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