mercoledì 23 gennaio 2013

Gente


Il problema principale era che non mi piace la gente, e in particolare non mi piacciono i miei coetanei, cioè quelli che popolano l'università. Ci andrei volentieri se ci studiassero persone più grandi. Non sono uno psicopatico (anche se non credo che gli psicopatici si definiscano tali), è solo che non mi diverto a stare con gli altri. Le persone, almeno per quel che ho visto fino adesso, non si dicono granché di interessante. Parlano delle loro vite, e le loro vite non sono interessanti. Quindi mi secco. Secondo me bisognerebbe parlare solo se si ha da dire qualcosa di interessante o di necessario.


Non ha senso entrare in contatto così con una persona e poi andare via. Non lo capisco. Lo strano è che io sono un asociale, ma quando entro in contatto con uno sconosciuto – anche se si tratta solo di un sorriso o di un cenno con la mano, che non credo sia considerato un vero contatto ma per me lo è – mi sembra che dopo non possiamo andarcene ognuno per la sua strada come se niente fosse.
(...) Credo che sia questo a farmi paura: la casualità di tutto. Persone che per te potrebbero essere importanti, ti passano accanto e se ne vanno. E tu fai altrettanto. Come si fa a saperlo?
(…) Mi rendo conto che non ha molto senso pensare queste cose e poi non fare il minimo sforzo per interagire con gli altri, ma comincio a credere che la vita sia piena di queste tragiche incongruenze.

 (Peter Cameron - Un giorno questo dolore ti sarà utile)




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