Datemi una barca, disse l’uomo
E voi, a che scopo volete una barca, si può sapere, domandò il re.
Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta, rispose l’uomo.
Sciocchezze, isole sconosciute non ce ne sono più. Sono tutte sulle carte.
Sulle carte geografiche ci sono solo le isole conosciute.
E qual è quest’isola sconosciuta di cui volete andare in cerca?
Se ve lo potessi dire allora non sarebbe sconosciuta…
E voi, a che scopo volete una barca, si può sapere, domandò il re.
Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta, rispose l’uomo.
Sciocchezze, isole sconosciute non ce ne sono più. Sono tutte sulle carte.
Sulle carte geografiche ci sono solo le isole conosciute.
E qual è quest’isola sconosciuta di cui volete andare in cerca?
Se ve lo potessi dire allora non sarebbe sconosciuta…
Voglio parlare con il re,
disse l’uomo.
Aveva atteso per tre giorni che il re si presentasse alla porta delle petizioni per rivolgergli una domanda: datemi una barca. Tre giorni, con calma e in silenzio, ben sapendo che il re non avrebbe potuto resistere alla tentazione di sapere che cosa mai quell’uomo alla porta delle petizioni volesse. Tutti chiedevano qualcosa, come un titolo o del denaro, mentre l’uomo chiedeva semplicemente di parlare con lui. E il re non era certo tipo da perdere tempo con la porta delle petizioni: lui stava sempre a quella degli ossequi, da quando aveva la corona sulla testa era quello il suo posto; però, se quell’uomo che vuole parlare con me non la smette di aspettare e non vuole andarsene, il popolo si accalca alla porta delle petizioni, perché si possono fare richieste soltanto uno per volta. E se tutti si ammassassero lì nessuno più verrebbe alla porta degli ossequi, dove è giusto che il mio popolo stia: devo parlare con quell’uomo, devo sapere che cosa vuole, si disse il re.
E invece di delegare la faccenda, come sempre accadeva, al primo segretario che poi la passava al secondo e poi lui al terzo, e questi al primo assistente, poi al secondo, poi al terzo, passando di persona in persona fino alla donna delle pulizie che stava alla porta delle petizioni, il re si diresse senza indugio a quella dannata porta per risolvere la faccenda una volta per tutte.
Datemi una barca, rispose l’uomo. E voi, a che scopo volete una barca? Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta. Sciocchezze, isole sconosciute non ce ne sono più: sono tutte sulle carte. Sulle carte ci sono solo le isole conosciute. E qual è quest’isola sconosciuta di cui volete andare in cerca? Se ve lo potessi dire allora non sarebbe sconosciuta, rispose l’uomo.
Dategli una barca, dissero tutti quelli che se ne stavano lì intorno, alcuni in fila in attesa del proprio turno, altri per semplice curiosità, ma tutti comunque lì, a rumoreggiare, invece di starsene calmi e rispettosi, magari alla porta degli ossequi. Dategli una barca, dategli una barca, gridarono ancora. Vi darò una barca, disse il re.
L’uomo se ne andò al porto in cerca del capitano, con in tasca il biglietto da visita del re su cui sotto il nome del re c’era scritto Re e sotto: consegnate al latore della presente una barca, non è necessario che sia grande, ma che navighi bene e sia sicura. Trovato il capitano, gli consegnò il biglietto. Sapete navigare? Imparerò in mare, datemi una barca con cui io possa farlo, una barca che io rispetti e che possa rispettare me. Questo è parlare da marinaio, ma voi non siete un marinaio. Se parlo come un marinaio, allora è come se lo fossi. Perché volete una barca? Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta. E giù con la storia che isole sconosciute non ce ne sono più. Va bene, disse infine il capitano, vi darò la barca: è quella.
È la mia barca. Da dietro i due sbucò fuori una donna correndo e urlando di gioia. La barca che aveva indicato il capitano era proprio quella che piaceva a lei, la donna delle pulizie, che se ne era rimasta nascosta dietro un barile per non essere vista. Dopo che l’uomo che voleva una barca aveva ottenuto l’autorizzazione del re, lei se ne era uscita dalla porta delle decisioni con secchio e spazzolone, ormai stanca di aprire porte e pulire pavimenti e rammendare le calze dei paggi, e decisa a seguire l’uomo. Sì, il suo futuro era su una barca: lì l’acqua per le pulizie non sarebbe certo mancata.
È una caravella, disse il capitano, e ha alberi e vele, per le isole sconosciute è la più affidabile.
È bella, mi piace. E voi chi siete? Sono la donna delle pulizie, quella che stava alla porta delle petizioni, ho deciso di venire con voi. Bene, vi occuperete voi di tutto, io andrò a reclutare l’equipaggio. La donna salì e si mise a controllare tutto quanto: il ponte, la stiva, le vele. Pulì ogni cosa. Poi attese il ritorno dell’uomo che ora aveva una barca. Quando lui tornò era solo, a capo chino, con un fagotto in mano. Non aveva trovato nessuno che volesse accompagnarlo, isole sconosciute non ce ne sono, ci bastano quelle conosciute, non vogliamo certo imbarcarci per mari tenebrosi lasciando le nostre vite tranquille. Così gli avevano detto.
Che facciamo? Potremmo restare a vivere qui. Voglio trovare l’isola sconosciuta. Prima mangiamo. Cenarono insieme, mentre la luna illuminava il porto. Poi andarono a dormire, ognuno nella propria cabina. È bella, pensò l’uomo salutandola; non ha occhi che per la barca, pensò lei.
L’uomo non riusciva a dormire. Pensava alla donna, voleva raggiungerla. Poi sognò. Era un sogno strano. Era su una barca grandissima, piena di marinai, di donne, di animali, lui era al timone, e la nave navigava su di un mare bellissimo. Cercava con lo sguardo la donna delle pulizie, ma non la vedeva: si ricordò che alla fine lei non era partita: addio, me ne vado, voi non avete occhi che per l’isola sconosciuta, aveva detto. Poi venne la pioggia, poi cessò, comparve un’isola, eccola, no, quella è un’isola conosciuta. Vogliamo scendere, gridarono i marinai. Una volta rimasto solo, l’uomo che ora aveva un barca lasciò il timone e scese sul ponte. Vide un’ombra accanto alla sua. Si svegliò. Accanto a sé c’era la donna delle pulizie. Erano abbracciati, i loro corpi confusi.
Dopo il sorgere del sole, l’uomo e la donna dipinsero a prua a lettere bianche il nome della barca.
Verso mezzogiorno, l’Isola Sconosciuta prese il mare.
Alla ricerca di se stessa.
Aveva atteso per tre giorni che il re si presentasse alla porta delle petizioni per rivolgergli una domanda: datemi una barca. Tre giorni, con calma e in silenzio, ben sapendo che il re non avrebbe potuto resistere alla tentazione di sapere che cosa mai quell’uomo alla porta delle petizioni volesse. Tutti chiedevano qualcosa, come un titolo o del denaro, mentre l’uomo chiedeva semplicemente di parlare con lui. E il re non era certo tipo da perdere tempo con la porta delle petizioni: lui stava sempre a quella degli ossequi, da quando aveva la corona sulla testa era quello il suo posto; però, se quell’uomo che vuole parlare con me non la smette di aspettare e non vuole andarsene, il popolo si accalca alla porta delle petizioni, perché si possono fare richieste soltanto uno per volta. E se tutti si ammassassero lì nessuno più verrebbe alla porta degli ossequi, dove è giusto che il mio popolo stia: devo parlare con quell’uomo, devo sapere che cosa vuole, si disse il re.
E invece di delegare la faccenda, come sempre accadeva, al primo segretario che poi la passava al secondo e poi lui al terzo, e questi al primo assistente, poi al secondo, poi al terzo, passando di persona in persona fino alla donna delle pulizie che stava alla porta delle petizioni, il re si diresse senza indugio a quella dannata porta per risolvere la faccenda una volta per tutte.
Datemi una barca, rispose l’uomo. E voi, a che scopo volete una barca? Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta. Sciocchezze, isole sconosciute non ce ne sono più: sono tutte sulle carte. Sulle carte ci sono solo le isole conosciute. E qual è quest’isola sconosciuta di cui volete andare in cerca? Se ve lo potessi dire allora non sarebbe sconosciuta, rispose l’uomo.
Dategli una barca, dissero tutti quelli che se ne stavano lì intorno, alcuni in fila in attesa del proprio turno, altri per semplice curiosità, ma tutti comunque lì, a rumoreggiare, invece di starsene calmi e rispettosi, magari alla porta degli ossequi. Dategli una barca, dategli una barca, gridarono ancora. Vi darò una barca, disse il re.
L’uomo se ne andò al porto in cerca del capitano, con in tasca il biglietto da visita del re su cui sotto il nome del re c’era scritto Re e sotto: consegnate al latore della presente una barca, non è necessario che sia grande, ma che navighi bene e sia sicura. Trovato il capitano, gli consegnò il biglietto. Sapete navigare? Imparerò in mare, datemi una barca con cui io possa farlo, una barca che io rispetti e che possa rispettare me. Questo è parlare da marinaio, ma voi non siete un marinaio. Se parlo come un marinaio, allora è come se lo fossi. Perché volete una barca? Per andare alla ricerca dell’isola sconosciuta. E giù con la storia che isole sconosciute non ce ne sono più. Va bene, disse infine il capitano, vi darò la barca: è quella.
È la mia barca. Da dietro i due sbucò fuori una donna correndo e urlando di gioia. La barca che aveva indicato il capitano era proprio quella che piaceva a lei, la donna delle pulizie, che se ne era rimasta nascosta dietro un barile per non essere vista. Dopo che l’uomo che voleva una barca aveva ottenuto l’autorizzazione del re, lei se ne era uscita dalla porta delle decisioni con secchio e spazzolone, ormai stanca di aprire porte e pulire pavimenti e rammendare le calze dei paggi, e decisa a seguire l’uomo. Sì, il suo futuro era su una barca: lì l’acqua per le pulizie non sarebbe certo mancata.
È una caravella, disse il capitano, e ha alberi e vele, per le isole sconosciute è la più affidabile.
È bella, mi piace. E voi chi siete? Sono la donna delle pulizie, quella che stava alla porta delle petizioni, ho deciso di venire con voi. Bene, vi occuperete voi di tutto, io andrò a reclutare l’equipaggio. La donna salì e si mise a controllare tutto quanto: il ponte, la stiva, le vele. Pulì ogni cosa. Poi attese il ritorno dell’uomo che ora aveva una barca. Quando lui tornò era solo, a capo chino, con un fagotto in mano. Non aveva trovato nessuno che volesse accompagnarlo, isole sconosciute non ce ne sono, ci bastano quelle conosciute, non vogliamo certo imbarcarci per mari tenebrosi lasciando le nostre vite tranquille. Così gli avevano detto.
Che facciamo? Potremmo restare a vivere qui. Voglio trovare l’isola sconosciuta. Prima mangiamo. Cenarono insieme, mentre la luna illuminava il porto. Poi andarono a dormire, ognuno nella propria cabina. È bella, pensò l’uomo salutandola; non ha occhi che per la barca, pensò lei.
L’uomo non riusciva a dormire. Pensava alla donna, voleva raggiungerla. Poi sognò. Era un sogno strano. Era su una barca grandissima, piena di marinai, di donne, di animali, lui era al timone, e la nave navigava su di un mare bellissimo. Cercava con lo sguardo la donna delle pulizie, ma non la vedeva: si ricordò che alla fine lei non era partita: addio, me ne vado, voi non avete occhi che per l’isola sconosciuta, aveva detto. Poi venne la pioggia, poi cessò, comparve un’isola, eccola, no, quella è un’isola conosciuta. Vogliamo scendere, gridarono i marinai. Una volta rimasto solo, l’uomo che ora aveva un barca lasciò il timone e scese sul ponte. Vide un’ombra accanto alla sua. Si svegliò. Accanto a sé c’era la donna delle pulizie. Erano abbracciati, i loro corpi confusi.
Dopo il sorgere del sole, l’uomo e la donna dipinsero a prua a lettere bianche il nome della barca.
Verso mezzogiorno, l’Isola Sconosciuta prese il mare.
Alla ricerca di se stessa.
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