Ma
comportarsi intelligentemente, ponderare con lucidità le conseguenze di ogni
gesto, non era davvero facile, perché sembrava che persino l’aria fosse
cambiata, nelle sue eterne composizioni, in modo profondo, incomprensibile,
come se il principio sconosciuto che manda avanti il mondo – pur restando
sconosciuto l’ha fatto andare avanti, prova ne è il mondo medesimo –, dopo aver
sempre funzionato, all’improvviso fosse rimasto senza forze, si percepiva
ovunque aleggiare qualcosa di ben più difficile da sopportare della
consapevolezza che un pericolo è in agguato: la sensazione generale che potesse
accadere di tutto; perché quel “di tutto” spaventava più del pericolo di
normali disgrazie, privava le persone di giudizio e ragione – l’effetto
evidente era un’apatia generale che si diffondeva lentamente.
Raccapezzarsi tra gli eventi insoliti, sempre
più frequenti e spaventosi negli ultimi mesi, era ormai impossibile, perché oltre a perdersi il collegamento tra notizie,
dicerie, chiacchiere, esperienze vissute (per esempio: c’era qualcuno che
poteva stabilire un ragionevole rapporto tra il gelo tagliente giunto troppo
precoce a novembre, misteriose tragedie familiari, l’aumento dei disastri
ferroviari, le voci allarmanti provenienti dalla lontana capitale sull’incremento
delle bande giovanili, il danneggiamento dei monumenti?), le notizie in sé,
nonostante tutto, non dicevano molto prese singolarmente, se non sembrare tanti
segni premonitori di un’imminente – come si diceva sempre più spesso –
“catastrofe”.
László
Krasznahorkai, Melancolia della resistenza
“Quello che vi chiedo è di
seguirmi in uno spazio sconfinato, dove regnano
l’eternità, la quiete, la
pace e il vuoto infinito”
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