martedì 3 dicembre 2013

Paesi incivili / 3



L’ Italia è un paese che si fonda sul Volontariato.



Quando un Comune avvista un cane vagante sul proprio territorio, o riceve segnalazione dai cittadini, contatta il servizio Asl o i vigili locali e provvede all’accalappiamento dell’animale. Se il Comune ha una propria struttura, ossia un canile municipale, quello sarà il luogo di ricovero del cane. Diversamente, la destinazione sarà una struttura privata, un canile privato con cui il Comune ha in precedenza stipulato una convenzione. Convenzione che prevede una cifra giornaliera per il mantenimento dell’animale, pagata dal Comune.
I soldi usati per mantenere il cane presso il canile sono quelli dei cittadini, ossia soldi pubblici. Tutti gli italiani quindi contribuiscono, tra le altre cose, alla spesa di mantenimento per questi animali. Che sarebbe cosa buona, se ci fosse una garanzia di qualità di vita. Invece spesso le convenzioni si limitano a definire le cifre e le responsabilità, e non a stabilire criteri di benessere animale, come ad esempio l’uscita giornaliera dei cani dai box. Moltissimi infatti sono reclusi da ANNI, senza poter MAI mettere una zampa fuori, fino alla loro morte, e senza che nessuno lo imponga a chi li gestisce. E fino a quando un Comune, con i soldi dei propri cittadini, deve pagare? Le opzioni sono due: finché il cane muore, oppure, finché il cane viene adottato. Chi si occupa dell’adozione di questi cani? Spesso nessuno. Parte dei canili privati, a fronte di un guadagno giornaliero per ogni cane ospitato, non hanno alcun interesse a incentivarne l’adozione.
Il volontariato é spesso l’unica speranza per questi cani.
Nel nostro Paese quello dei canili privati convenzionati è un business che sembra andare di pari passo con l'apertura delle pizzerie a taglio. Impossibile suddividere la cifra di questo business per ogni singola regione. Ma si sa con certezza che a questa somma non corrispondono adeguate cure per gli animali: i controlli effettuati fino ad ora hanno rivelato, infatti, un alto tasso di illegalità penale ed amministrativa. Ci sono canili dove ogni anno muoiono la metà dei cani e subito vengono rimpiazzati. In altri il tasso di mortalità è ancora pari al 90%.

 Nella maggior parte delle strutture è impossibile entrare e non viene rispettato alcun orario di apertura al pubblico. I gestori di "rifugi/canili" privati possono contare su un contributo da parte dei Comuni che va da 2 a 8 euro al giorno per ogni cane. E la mancata effettuazione in alcune regioni d' Italia, come nel Lazio, di una campagna di sterilizzazione, prevista dalla stessa legge ma non rispettata, è stato uno dei motivi di questo dannato business. Così più cani sono reclusi, più soldi entrano nelle tasche dei gestori. Del resto i numeri parlano chiaro: ogni animale che viene accalappiato porta un introito di 50 euro, e ogni decesso è pari a circa 120 euro. Secondo la Lav, fino ad oggi ci si è limitati ad avere convenzioni con canili privati per i quali 120 Comuni - esclusa Roma - spendono quasi 3 milioni di euro l' anno, con risultati pessimi.
La legge esistente 189/2004 ha addirittura apportato modifiche al codice penale ed ha introdotto, con il titolo IX bis, i "delitti contro il sentimento per gli animali", disciplinando i reati di uccisione di animali, maltrattamento di animali, combattimenti tra animali, cercando di adattarsi alle normative europee. Eppure, questo regolamento non viene rispettato.

Il titolare di un canile guadagna dai 30 ai 50 euro per ogni cane accalappiato e la stessa somma la incassa per ogni cadavere incenerito.
Secondo un’indagine condotta da “La Stampa” ci sono canili in cui ogni anno muore la metà dei cani che viene immediatamente rimpiazzata da cuccioli. Fatti i conti, in un solo colpo il titolare del canile guadagna 100 euro: per il genitore del cane morto e per il nuovo cucciolo ingabbiato. Questi animali nella migliore delle ipotesi sono rinchiusi per terzine in ogni cella che ha la capienza di contenerne uno solo e di taglia media.
Vengono reclusi in strutture fatiscenti, maltrattati e dimenticati, a volte trasferiti clandestinamente in altri Paesi per finire nei laboratori della ricerca, oppure trasformati in cibo in scatola o pellicce. È una storia dove s'intrecciano sperpero del denaro pubblico, malasanità, criminalità organizzata. Dove gli interessi in gioco sono più alti di quanto non si sappia e la legge viene sistematicamente ignorata. Alla fine il silenzio conviene a tutti. Sindaci, polizia, giudici, medici della Asl. Tutti complici, a volte senza neanche saperlo. È l'Italia dei canili, un paese degli orrori. "Feriti, affetti da patologie e infezioni, malnutriti, relegati in spazi angusti e sovraffollati, trascurati e soli: questo lo stato in cui versano i "migliori amici dell'uomo" in molte strutture, pubbliche e private". Questo è scritto in un documento del Ministero della Salute che ha diffuso recentemente un video dei canili peggiori d'Italia, girato durante le ispezioni di 39 strutture da parte della task force per la tutela degli animali. Il filmato è visibile sul sito www.salute.gov.it
(Notizie prese dal web e da Repubblica.it




 

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