(…) egli era persuaso
che la ricchezza è una qualità di carattere. Tutti i ricchi la pensano così. E
anche tutti i poveri. Il mondo intero, in fondo, ne è tacitamente convinto.
Solo la logica solleva qualche difficoltà, poiché sostiene che il possesso di denaro
conferisce forse qualche qualità, ma non può mai divenire esso stesso una
qualità umana. L'evidenza però lo smentisce. Non c'è naso che non fiuti
immediatamente il delicato odore d'indipendenza, abitudine di comandare,
abitudine di scegliere sempre il meglio per sé, leggero disprezzo degli altri e
costante consapevole responsabilità di potere che emana da un reddito alto e
sicuro. L'aspetto di una persona di quel genere si rivela subito nutrito e
rinnovato quotidianamente da una scelta finissima di forze universali. Alla sua
superficie il denaro circola come la linfa in un fiore, non esistono qualità
acquisite, abitudini contratte, nulla è indiretto, nulla è ricevuto di seconda
mano: distruggi il credito e il conto in banca, e l'uomo ricco non è soltanto
senza denaro, ma dal giorno in cui l'ha compreso è un fiore avvizzito. Come
prima notavano immediatamente la sua qualità di essere ricco, tutti notano ora
in lui, con la stessa immediatezza, l'indescrivibile qualità del nulla che ha
il puzzo acre dell'incertezza, dell'insolvibilità, dell'inettitudine e della
miseria. Dunque la ricchezza è una qualità personale, semplice, che non si può
scomporre senza distruggerla. Ma gli effetti e le correlazioni di questa rara qualità sono
straordinariamente intricati e occorre una grande forza morale per dominarli.
Solo la mente che non ha denaro s'immagina la ricchezza come un sogno; chi la
possiede, invece, ogni volta che si trova con gente che non la possiede,
s'affretta a descrivere tutti i fastidi che essa procura.
(…) Un altro e non
minore guaio dei ricchi è che tutti vogliono soldi da loro. Il denaro non
conta: è giusto, e mille o diecimila marchi di più o di meno non hanno
importanza per un ricco. I ricchi poi amano asserire ad ogni occasione che i
quattrini non cambiano il valore di una persona: con ciò intendono dire che
anche senza denaro essi varrebbero quanto adesso, e se l'hanno a male se
qualcuno li fraintende. Purtroppo questo capita loro di frequente soprattutto
nei rapporti con intellettuali. Costoro posseggono ben sovente poco o punto
denaro, ma soltanto molti progetti e molto ingegno, ma non per questo si
sentono diminuiti nel loro valore, e considerano naturalissimo chiedere a un
amico facoltoso, per il quale il denaro non conta, di sovvenirli con il suo
superfluo. Non capiscono che l'amico facoltoso voglia sovvenirli con le sue
idee, col suo sapere e con la sua personale forza d'attrazione. In tal modo lo
mettono per di più in opposizione con la natura del denaro, perché questa vuole
l'accrescimento, così come la natura animale tende alla riproduzione. Il denaro
si può investire male, allora perisce sul campo dell'onore finanziario; si può
usarlo per comprare un'automobile nuova quantunque la vecchia sia ancora in
ottimo stato, o per soggiornare negli alberghi più costosi delle stazioni
climatiche di fama internazionale portandosi dietro i propri cavalli da polo, o
per istituire premi letterari e concorsi ippici, o in una sera sola spendere
per cento invitati quanto basterebbe a mantenere per un anno cento famiglie: in
tutti questi modi si butta il denaro dalla finestra, come un seminatore, ed
esso rientra dalla porta moltiplicato. Ma donarlo tacitamente per scopi e
persone da cui non ricava nulla, questo sarebbe assassinare il denaro a
tradimento. Può darsi che quegli scopi siano buoni e quelle persone
incomparabili; allora bisogna aiutarli con tutti i mezzi, ma con denaro no,
assolutamente.
Musil, USQ
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