giovedì 31 luglio 2014

Rayuela


Ci sono fiumi metafisici, lei vi nuota come quella rondine sta nuotando nell’aria, girando allucinata attorno al campanile, lasciandosi cadere per poi alzarsi più alta di slancio. Io descrivo e definisco e desidero quei fiumi, lei vi nuota. Io li cerco, li trovo, li guardo dal ponte, lei vi nuota. E non lo sa, proprio come la rondine. Non ha bisogno di sapere come me, può vivere nel disordine senza che alcuna coscienza di ordine la trattenga. Quel disordine è il suo ordine misterioso, quella bohème del corpo e dell’anima che le spalanca le vere porte. La sua vita non è disordine come per me, sotterrato in pregiudizi che disprezzo e allo stesso tempo rispetto. Io, condannato ad essere assolto irrimediabilmente dalla Maga che mi giudica senza saperlo. Ah, lasciami entrare, lasciami vedere un giorno come vedono i tuoi occhi.


 È un bel po’ che non vado a letto con le parole. Continuo a servirmene, come fai tu e come tutti, ma le spazzolo moltissimo prima di mettermele. Fra me e la Maga si alza un canneto di parole, ci separano appena alcune ore e alcuni isolati e già la mia pena si chiama pena, il mio amore si chiama il mio amore… A poco a poco soffrirò sempre di meno e ricorderò sempre di più, ma che cosa è il ricordo se non la lingua dei sentimenti, un dizionario di facce e giorni e profumi che tornano come i verbi e gli aggettivi nella frase, che mascherati vengono prima della cosa in sé, del puro presente, rattristandoci o addestrandoci vicariamente finché l’essere nostro medesimo diventa vicario, la faccia che guarda all’indietro apre grandi gli occhi, la vera faccia si cancella a poco a poco come nelle vecchie fotografie e Giano è di colpo chiunque di noi.


Julio Cortázar, Il  gioco del mondo (Rayuela)






martedì 29 luglio 2014

Richiami vivi


...but they say it's fair game
and they won't feel no pain
as we feel no shame...

I richiami vivi sono piccoli uccelli migratori che, dopo le fatiche della nidificazione, affrontano il grande viaggio della migrazione dal Nord al Sud Europa e giungono in Italia. Qui vengono catturati con reti e destinati a una vita di torture e crudeltà: buio, prigionia, sevizie. Imprigionati, legati, spesso accecati e mutilati. Per essere poi portati all’esterno quando apre la caccia  ed essere usati appunto come richiami vivi, cioè come inganno per attirare con il loro canto – le loro grida d’aiuto – i loro simili, affinché i cacciatori possano abbatterli.
Oggi in Italia detenere gli uccelli come richiami vivi è permesso.


<La Commissione europea ha appena dichiarato l’Italia fuorilegge aprendo una procedura d’infrazione sull’utilizzo dei richiami vivi nel nostro Paese. Si tratta di uccellini selvatici catturati, imprigionati, spesso accecati, detenuti in luoghi bui e isolati, per essere condotti negli appostamenti ad attrarre i simili col proprio canto disperato sotto il fuoco dei cacciatori. Il provvedimento Ue dà ragione alla Lipu-Birdlife Italia che già da molti mesi chiede al nostro Governo di vietare questa ripugnante pratica attraverso una campagna di opinione, una raccolta firme(che verranno consegnate nei prossimi giorni) e una proposta di legge.
“La Commissione europea ritiene che vi siano numerose alternative alla cattura di uccelli a fini di richiamo e considera che la caccia possa avvenire senza l’utilizzo dei richiami” si legge sul documento con cui l’Italia è appena stata messa in mora riguardo cattura e utilizzo degli uccelli selvatici come esche viventi, attivando la procedura di infrazione 2006/2014. Attraverso di essa, la Commissione denuncia fra l’altro la non selettività dei metodi di cattura, l’assenza di controlli nonché di trasparenza sull’effettivo numero di richiami detenuti dai cacciatori, chiarendo che l’Italia è dunque venuta meno agli obblighi della direttiva Uccelli e chiedendo al Governo Italiano di sanare con urgenza la situazione.>

(La Repubblica.it)








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lunedì 28 luglio 2014

Nostalgia d'imperfetto




Sii dolce con me. Sii gentile.
E’ breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E  nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci –
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore.

Mariangela Gualtieri, “Mio vero”, da "Bestie di gioia"




Carpe diem



Ho sentito questa espressione: «Cogli l’attimo».
Facile a dirsi, ma difficile a farsi. Per conto mio, è un’espressione priva di senso. Effettivamente, non si può esortare all’impossibile.
Dico questo con piena convinzione, perché ho sperimentato la cosa su me stesso. Ho provato a cogliere l’attimo, ma non l’ho preso mi sono solo rotto l’orologio.
Adesso so che non è possibile. Così come non è possibile «cogliere l’epoca», perché è come l’attimo solo più grossa. Un’altra cosa, se dicessero: «Rappresenta quello che succede in questo momento». Questa è tutta un’altra cosa. Ecco, per esempio: un due tre. Non è successo niente. Ecco che ho rappresentato un momento in cui non succede niente. Ho detto questa cosa a Zabolockij, gli è piaciuta molto, è stato seduto tutto il giorno a contare: un due tre. È quello che ha notato, che non succedeva niente.

Daniil Charms, Disastri    
         


mercoledì 23 luglio 2014

Il nostro bisogno di consolazione



Mi manca la fede e non potrò mai, quindi, essere un uomo felice, perché un uomo felice non può avere il timore che la propria vita sia solo un vagare insensato verso una morte certa. Non ho ereditato né un dio né un punto fermo sulla terra da cui poter attirare l’attenzione di un dio. Non ho ereditato nemmeno il ben celato furore dello scettico, il gusto del deserto del razionalista o l’ardente innocenza dell’ateo. Non oso dunque gettare pietre sulla donna che crede in cose di cui io dubito o sull’uomo che venera il suo dubbio come se non fosse anch’esso circondato dalle tenebre. Quelle pietre colpirebbero me stesso, perché di una cosa sono convinto: che il bisogno di consolazione che ha l’uomo non può essere soddisfatto.

Stig Dagerman, Il nostro bisogno di consolazione


 

Oltre il confine



Disse che mentre ci si vorrebbe augurare che Dio punisca coloro che compiono azioni simili, e che spesso la gente se lo augura davvero, sapeva per esperienza che non era possibile parlare in vece di Dio e che gli uomini che avevano storie malvagie da raccontare spesso conducevano vite comode, morivano in pace e venivano seppelliti con tutti gli onori. 
Disse che era un errore aspettarsi troppa giustizia in questo mondo. Disse che l'idea che il male sia raramente ricompensato era ampiamente esagerata, perché se esso non ritornasse utile gli uomini lo eviterebbero; e allora come sarebbe possibile considerare virtuoso chi lo ripudia? 
Per mestiere faceva molta più esperienza della morte rispetto alle altre persone e disse che mentre era vero che con il tempo il dolore guarisce, ciò accade solamente al costo del lento estinguersi delle persone amate dalla memoria, che è l'unico luogo in cui quelle esistevano prima ed esistono tuttora. I volti svaniscono, le voci si attenuano. Riprenditeli, sussurrò il sepulturero. Parla con loro. Chiamali per nome. Fa' così e non lasciare che il dolore si estingua, poiché è il dolore ad addolcire ogni dono.


Cormac McCarthy, Oltre il confine



 

domenica 20 luglio 2014

Senza Vergogna



L’esercito israeliano intensifica l'offensiva sulla Striscia di Gaza, al tredicesimo giorno del conflitto che ha già causato più di 400 morti. Secondo l’agenzia per i rifugiati dell’Onu (Unrwa), sono più di 80mila gli sfollati. Nella notte attaccati dai militari 45 obiettivi, tra cui 10 lanciatori di razzi nascosti, e distrutti due tunnel. Dalle prime ore del mattino l’artiglieria israeliana ha poi diretto il fuoco all’interno dei rioni popolari di Sajaya e Zaitun, a est di Gaza. 
Abu Mazen: "Un massacro"

(da Il Fatto Quotidiano)




sabato 12 luglio 2014

Galline pensierose




Una gallina teneva nel becco un pezzo di formaggio. Le si avvicinò un gatto e le disse: – Hai belle penne e belle gambe. Se tu sapessi cantare saresti il migliore fra tutti gli uccelli. Perché non mi fai sentire la tua voce? – La gallina, che conosceva la favola del corvo e della volpe, rispose: – Col cavolo! – e così il formaggio le cadde in terra. Il gatto lo prese e scappò via di corsa.


Le oche si vantavano con le galline perchè le loro antenate avevano salvato Roma dando l'allarme dal Campidoglio quando i Galli avevano tentato di entrare dalle mura. Una gallina disse che se al posto delle oche ci fossero state le galline li avrebbero fatti entrare e così Roma, conquistata dai galli, sarebbe diventata il più grande pollaio del mondo


Quando vennero a sapere che Terra è rotonda come una palla e gira velocissima nello spazio, le galline incominciarono a preoccuparsi e furono prese da forti capogiri. Andavano per i prati barcollando come se fossero ubriache e si tenevano in piedi reggendosi l'una all'altra. La più furba propose di andare a cercare un posto più tranquillo e possibilmente quadrato


Una gallina umbra era convinta di avere il profilo etrusco. Teneva sempre la testa voltata da una parte perché tutti potessero ammirare il suo profilo. Finì per prendersi un torcicollo così forte che la testa gli rimase voltata di traverso fino al giorno in cui cadde in un tombino e si ruppe una zampa. Dopo la caduta le si raddrizzò la testa, ma restò zoppa


Una gallina di Vibo Valentia voleva studiare la filosofia di Wittgenstein, ma ogni volta le veniva un gran mal di testa. Provò con Whitehead, ma anche con lui le veniva il mal di testa. Provò ancora con Weisse con Wolff con Wahl con Wundt, ma andò anche peggio. Un giorno aprì per caso un libro di Wodehouse e lesse  molte pagine senza il minimo dolore. Da quel giorno decise che il suo filosofo preferito era Wodehouse.




Waves



 
 
 
 
 
  Photo: Clark Little, a surfer and photographer based in Hawaii




Difesa?



L’incursione e il bombardamento di Gaza non hanno nulla a che fare con la distruzione di Hamas. Nulla a che fare con l’interruzione del lancio di razzi su Israele. Nulla a che fare con il perseguimento della pace.
La decisione di Israele di rovesciare una pioggia di morte e di distruzione su Gaza, di usare armi letali da moderno campo di battaglia su una popolazione di civili in gran parte indifesi è la fase finale di una campagna lunga decenni volta alla pulizia etnica dei palestinesi.
Israele impiega sofisticati aviogetti da attacco e unità navali per bombardare superaffollati campi di rifugiati, scuole, blocchi di appartamenti, moschee e poveri quartieri per aggredire un popolo che non ha un’aviazione, non una difesa antiaerea, non una marina, non armi pesanti, non unità di artiglieria, non carri armati, non un quartier generale, non un esercito… e la chiama guerra. Non è guerra, è assassinio.
Quando gli israeliani nei territori occupati oggi proclamano di doversi difendere, essi difendono se stessi nel senso che ogni occupante militare deve difendersi contro una popolazione che sta schiacciando. Non potete dire di difendervi quando state occupando militarmente la terra di qualcun altro. Chiamatela come volete: non è difesa.

Noam Chomsky (2012)





mercoledì 9 luglio 2014

mercoledì 2 luglio 2014

Schemi


Non bevo quasi mai, ma quando lo faccio voglio vedere i risultati prima possibile, per cui preferisco farlo a stomaco vuoto - e per risultati intendo esattamente la leggerezza di adesso: non ebbrezza vera e propria, solo un lieve appannamento del cervello, quel tanto che basta a scrostarlo dal calcare della razionalità e lasciarci finalmente scorrere le cose insensate. Si, sto bene: il crepuscolo che si avvicina lentamente, i tetti di Roma, il caldo, le rondini, i sensi leggermente annebbiati e il cervello disposto ad accontentarsi delle soluzioni più improbabili per il mio problema. Per esempio l'eventualità di un universo beffardamente illogico - perché no? - in cui gli eventi abbiano luogo senza causa, senza concatenarsi, come nei cartoni animati. Ora, in questo momento, sarei disposto a crederci. Niente ordine naturale delle cose, soltanto un insensato mescolarsi di vicende grandi e piccole, individuali e collettive, che solo localmente, e solo per puro caso, gli stregoni della ragione riescono qualche volta a mettere in relazione tra loro: un universo a immagine e somiglianza del tasto shuffle dei lettori di compact disc. Niente Dio, niente Big Bang, tutt'al più un librone come quello immaginato da Melville all'inizio di Moby Dick, con su scritte le cose che dovranno accadere, ma senza la firma delle tre Parche, e senza nessun altro artefice, nessuna spiegazione. Qualcuno le legge e le esegue come e quando può.

Sandro Veronesi,  La forza del passato