Non bevo quasi mai, ma quando
lo faccio voglio vedere i risultati prima possibile, per cui preferisco farlo a
stomaco vuoto - e per risultati intendo esattamente la leggerezza di adesso:
non ebbrezza vera e propria, solo un lieve appannamento del cervello, quel
tanto che basta a scrostarlo dal calcare della razionalità e lasciarci
finalmente scorrere le cose insensate. Si, sto bene: il crepuscolo che si
avvicina lentamente, i tetti di Roma, il caldo, le rondini, i sensi leggermente
annebbiati e il cervello disposto ad accontentarsi delle soluzioni più
improbabili per il mio problema. Per esempio l'eventualità di un universo
beffardamente illogico - perché no? - in cui gli eventi abbiano luogo senza
causa, senza concatenarsi, come nei cartoni animati. Ora, in questo momento,
sarei disposto a crederci. Niente ordine naturale delle cose, soltanto un
insensato mescolarsi di vicende grandi e piccole, individuali e collettive, che
solo localmente, e solo per puro caso, gli stregoni della ragione riescono
qualche volta a mettere in relazione tra loro: un universo a immagine e
somiglianza del tasto shuffle dei lettori di compact disc. Niente Dio,
niente Big Bang, tutt'al più un librone come quello immaginato da Melville
all'inizio di Moby Dick, con su scritte le cose che dovranno accadere,
ma senza la firma delle tre Parche, e senza nessun altro artefice, nessuna
spiegazione. Qualcuno le legge e le esegue come e quando può.
Sandro Veronesi, La forza del passato
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