Ecco una teoria. I grandi
atleti sono affascinanti perché incarnano il successo basato sul confronto che
noi americani veneriamo - il più veloce, il più forte - e perché lo fanno in
modo non ambiguo. La questione di chi sia il miglior idraulico o il miglior
ragioniere è impossibile persino da definire, laddove chi sia il miglior
lanciatore, il miglior cestista o tennista è, in qualsiasi momento, una
questione di record statistici pubblici. I grandi atleti ci affascinano perché
fanno presa sulle nostre ossessioni gemelle per superiorità competitiva e
numeri.
(...)
Potrebbe essere benissimo
che noi spettatori, privi dei doni divini degli atleti, siamo gli unici a
essere davvero in grado di vedere, esprimere e animare l’esperienza del dono a
noi negato. E che coloro i quali ricevono e mettono in pratica il dono del genio
atletico debbano, di necessità, essere ciechi e muti al riguardo, e non perché
la cecità e il mutismo siano il prezzo di quel dono, ma perché ne sono
l’essenza.
Nessun commento:
Posta un commento