Palomar è già passato ad un altro
ordine di pensieri: è “il prato” quello che noi vediamo oppure vediamo un’erba
più un’erba più un’erba...? Quello che noi diciamo “vedere il prato” è solo un
effetto dei nostri sensi approssimativi e grossolani; un insieme esiste solo in
quanto formato da elementi distinti. Non è il caso di contarli, il numero non
importa; quel che importa è afferrare in un solo colpo d’occhio le singole
pianticelle una per una, nelle loro particolari differenze. E non solamente
vederle: pensarle. Invece di pensare il prato. Pensare quel gambo con due
foglie di trifoglio, quella foglia lanceolata un po’ ingobbita, quel corimbo
sottile...
Palomar s’è distratto, non
strappa più le erbacce, non pensa più al prato: pensa all’universo. Sta provando
ad applicare all’universo tutto quello che ha pensato del prato. L’universo
come cosmo regolare o come proliferazione caotica. L'universo forse finito ma
innumerabile, instabile nei suoi confini, che apre entro di sé altri universi.
L’universo, insieme di corpi celesti, nebulose, pulviscolo, campi di forze,
intersezioni di campi, insiemi di insiemi...
Italo Calvino, Palomar
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