venerdì 26 settembre 2014

Il soccombente

 

Thomas Bernhard era un tipo decisamente strano. Se non bastassero i suoi romanzi, con quelle centinaia di pagine claustrofobiche, prive di qualsiasi punto a capo, e l'ossessività della sua scrittura fatta di continue reiterazioni, sempre attorno al tema del fallimento e della morte, per averne ulteriore conferma si può sempre andare in visita alla casa di Ohlsdorf, nel bel mezzo di quello che passa per essere il Lake District austriaco. (…)


Da figlio illegittimo e rinnegato qual era, Bernhard adorava il lusso e una certa, maniacale ricercatezza: stanno lì a dimostrarlo trecento paia di scarpe perfettamente ordinate e lucidate; i tavolini di legno da lui personalmente disegnati, e svariati ritratti di presunti, fantasmatici antenati. Proverbiale era il suo amore per una misantropica solitudine, come evidenziano due striminziti lettini volti a dissuadere dal pernottamento anche gli ospiti più tenaci e invadenti, oltre a una lunga serie di cartoline - amorevolmente raccolte dietro a una vetrinetta Biedermeier - che il Nostro spediva a se stesso da ogni angolo di mondo. Dopodiché si entra in una biblioteca che sembra assolutamente intonsa e infine nella sala d'ascolto della musica, dove sta in bella mostra un disco delle "Variazioni Goldberg" di Bach suonate da Glenn Gould, il coprotagonista del romanzo "Il soccombente".

 

Pubblicato nel 1983, il libro racconta il rapporto d'amicizia che si stabilisce tra tre uomini: l'io narrante, Wertheimer e per l'appunto Gould. I tre pianisti frequentano in età giovanile un corso di Horowitz a Salisburgo, ma mentre i primi due sono "soltanto" due straordinari talenti, il terzo è semplicemente un genio. Quando i due avranno modo di sentire per la prima volta suonare Glenn Gould capiranno che la musica non fa per loro. Di fronte a quei vertici assoluti qualunque carriera di grande virtuoso è semplicemente ridicola. Ma mentre il narratore sopporterà stoicamente l'abbandono del pianoforte, nella convinzione che o si è i migliori o non si è per niente, per Wertheimer quella rinuncia rappresenterà il primo e decisivo passo di una catastrofe annunciata, l'inizio della rovina del soccombente, conclusasi con l'immancabile suicidio.
Libro terribile, insopportabile e magistrale, "Il soccombente" sembra raccogliere in un solo racconto tutti i temi più cari di Bernhard. E soprattutto porta ad apoteosi la sua particolarissima dote di strumentista della lingua (…) Quanto il romanziere scrive a proposito di Gould, che riprende all'infinito le "Variazioni Goldberg", vale anche per lui, che costruisce invariabilmente i suoi libri attraverso il tema prediletto della variazione, in un canto comprendente tutte le nuances dell'umor nero: "dalla semplice irritazione al suicidio, passando per le innumerevoli modulazioni dell'esasperazione, della collera, del risentimento".

da un articolo di Franco Marcoaldi su Repubblica, 15 aprile 2003




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