Tutti i morti della valle e
della collina non sono veramente morti: stanno, di notte, all’imbocco del
bosco, e stanno nel cuore delle persone vive. Quando i morti sono disperati per
la loro stessa morte, si girano, stringono i pugni, e a quel punto le persone
che ancora sono in vita sentono le fitte al petto e alla spalla. Nessuno muore
mai veramente, perché nessuno avrebbe voluto morire per davvero: per questo i
morti sono anime dolci da chiamare, anime da consolare, anche se hanno l’occhio
secco di paglia. Nessuno però deve storcere il muso quando c’è l’amore, quando
c’è la salute, quando c’è appetito, perché sennò i morti spengono la testa con
un respiro, spingono le persone lì dove si vede l’ultimo precipizio. I morti
chiedono ai vivi di vivere pienamente la maestà del giorno. I morti, certe
volte, vorrebbero raddrizzare una testa che cade. I morti, poi, sono pieni di
rimorsi, perché l’amore muore, l’amore è colpa: l’amore, quando si muore, è un
tormento infinito, eterno.
Andrea Di Consoli, Il padre degli animali
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