Esplodere o implodere - disse
Qfwfq - questo è il problema: se sia più nobile intento espandere nello spazio
la propria energia senza freno, o stritolarla in una densa concentrazione
interiore e conservarla ingoiandola. Sottrarsi, scomparire, nient'altro; trattenere
dentro di sè ogni bagliore, ogni raggio, ogni sfogo, e soffocando nel profondo
dell'anima i conflitti che l'agitano scompostamente, dar loro pace, occultarsi,
cancellarsi: forse risvegliarsi altrove, diverso. Diverso... Come diverso? Il
problema: esplodere o implodere tornerebbe a ripresentarsi? Assorbito dal
vortice di questa galassia, riaffacciarsi su altri tempi e altri cieli? Qui
sprofondare nel freddo silenzio, là esprimersi in urli fiammeggianti d'un altro
linguaggio? Qui assorbire il male e il bene come una spugna nell'ombra, là
sgorgare come uno zampillo abbagliante, spargersi, spendersi, perdersi? A che
pro allora il ciclo tornerebbe a ripetersi? Non so nulla, non voglio sapere,
non voglio pensarci: ora, qui, la mia scelta è fatta: io implodo, come se il
precipitare centripeto mi salvasse per sempre da dubbi e da errori, dal tempo
dei mutamenti effimeri, dalla scivolosa discesa del prima e del poi, per farmi
accedere a un tempo stabile, fermo, levigato e raggiungere la sola condizione
definitiva, compatta, omogenea. Esplodete, se così vi garba, irradiatevi in
frecce infinite, prodigatevi, scialacquate, buttatevi via: io implodo, crollo
dentro l'abisso di me stesso, verso il mio centro sepolto, infinitamente. Da
quanto tempo nessuno di voi sa più immaginare la forza vitale se non sotto
forma d'esplosione?
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