Niente,
è che a me piacciono da sempre le cose mute,
quando l’io zittisce
e si alza il volume della voce
non solo degli uccelli
ma anche del silenzio dell’armadio
e del tavolo
della lampada e del letto.
Allora niente,
vivo in una nuvola di luce
dove tutto rabbrividisce
e fa parola, allora bevo
all’orlo del mondo
alla sua fontana
quando l’io zittisce
e si alza il volume della voce
non solo degli uccelli
ma anche del silenzio dell’armadio
e del tavolo
della lampada e del letto.
Allora niente,
vivo in una nuvola di luce
dove tutto rabbrividisce
e fa parola, allora bevo
all’orlo del mondo
alla sua fontana
Chandra
Livia Candiani
Alle
amiche e agli amici, al mio Maestro che ha 2557 anni, a chi amo, a
chi mi ama,
ai
monaci della foresta, agli indifferenti e agli spaventati dell’amore
e dell’amicizia,
ai
vivi, ai morti, e ai mai nati, ai sopravvissuti, a tutti gli oggetti
del lavoro umano,
tavoli,
sedie e letti, e pane e vino, e orti, e a tutti i cari, furiosi o
delicati, animali,
quelli
che hanno vissuto con me e quelli appena intravisti, quelli che mi
hanno
azzannato
e graffiato e quelli che mi hanno accarezzato e fatto ‘muso-muso’,
quelli
che ho mangiato, quelli che lavorano, agli alberi vecchi e giovani,
solitari
e socievoli, al fondo del mare, alle onde una a una, ai granelli di
sabbia,
alle
nuvole, alle montagne, ai sassi, alle conchiglie, ai fiumi, alla
terra terra,
ai
temporali, alla grandine, alle pozzanghere, all’erba, al ghiaccio,
ai tuoni, ai fiori,
alle
mani e a tutto il corpo, al vento, ai vulcani, ai laghi, alla
nebbia,
agli
abbracci e alle parole, ai deserti, alle steppe, ai frutti e alle
verdure,
alle
foreste, ai fulmini, a tutte le facce del sole, agli astri, al
cielo che arriva
fino
a terra, alla pioggia, alla prediletta neve, alla luna di cui porto
il nome,
alla
notte, alla luce, all’universo che non finisce, alla voce del
silenzio,
al
senza nome, alla divina compagnia, grazie e grazie
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