lunedì 16 marzo 2015

Le cose mute


Niente, è che a me piacciono da sempre le cose mute,
quando l’io zittisce
e si alza il volume della voce
non solo degli uccelli
ma anche del silenzio dell’armadio
e del tavolo
della lampada e del letto.
Allora niente,
vivo in una nuvola di luce
dove tutto rabbrividisce
e fa parola, allora bevo
all’orlo del mondo
alla sua fontana

Chandra Livia Candiani

 Alle amiche e agli amici, al mio Maestro che ha 2557 anni, a chi amo, a chi mi ama, 
ai monaci della foresta, agli indifferenti e agli spaventati dell’amore e dell’amicizia, 
ai vivi, ai morti, e ai mai nati, ai sopravvissuti, a tutti gli oggetti del lavoro umano, 
tavoli, sedie e letti, e pane e vino, e orti, e a tutti i cari, furiosi o delicati, animali, 
quelli che hanno vissuto con me e quelli appena intravisti, quelli che mi hanno 
azzannato e graffiato e quelli che mi hanno accarezzato e fatto ‘muso-muso’, 
quelli che ho mangiato, quelli che lavorano, agli alberi vecchi e giovani, 
solitari e socievoli, al fondo del mare, alle onde una a una, ai granelli di sabbia, 
alle nuvole, alle montagne, ai sassi, alle conchiglie, ai fiumi, alla terra terra, 
ai temporali, alla grandine, alle pozzanghere, all’erba, al ghiaccio, ai tuoni, ai fiori, 
alle mani e a tutto il corpo, al vento, ai vulcani, ai laghi, alla nebbia, 
agli abbracci e alle parole, ai deserti, alle steppe, ai frutti e alle verdure, 
alle foreste, ai fulmini, a tutte le facce del sole, agli  astri, al cielo che arriva 
fino a terra, alla pioggia, alla prediletta neve, alla luna di cui porto il nome, 
alla notte, alla luce, all’universo che non finisce, alla voce del silenzio, 
al senza nome, alla divina compagnia, grazie e grazie





Nessun commento:

Posta un commento