L’esperimento
di Harlow: la violenza sui cuccioli di scimmia per spiegare l’amore
tra madre e figlio
Harry
Frederick Harlow è uno psicologo che insegna all’Università del
Wisconsin. Si interessa di affettività e a partire dalla fine degli
anni ‘50 realizza una serie di esperimenti per valutare quale sia
l’origine dell’attaccamento tra madre e figlio e quali
conseguenze possa avere l’assenza di tale legame.
Harlow non si farebbe problemi a realizzare questi studi su dei bambini se la morale comune e l’inaffidabilità dei neonati come campione non glielo impedissero. Ripiega così sui dei piccoli macachi, che per somiglianza alla nostra specie nei segnali affettivi e reattività infantile gli sembrano le cavie più adatte.
Sessanta cuccioli sono così strappati alle proprie madri dopo poche ore dalla nascita. Harlow costruisce per loro due modelli di madri surrogati. Il primo è fatto di legno e viene ricoperto da un panno caldo, il secondo invece è solo un involucro metallico. Quest’ultimo modello viene dotato di un meccanismo per nutrire il piccolo macaco, mentre il primo ne è privo all’inizio dell’esperimento.
Quello che succede è che tutte le piccole scimmie decidono di stare sempre con la “madre di pezza”, spostandosi verso l’altra solo il tempo indispensabile a nutrirsi. Anche quando vengono spaventati, i cuccioli si rifugiano vicino al surrogato di pezza.
Insomma, non è il soddisfacimento dei bisogni primari a creare quel legame indissolubile che in ogni specie si instaura tra madre e figlio ma la necessità di un contatto fisico, del calore, della possibilità di sentirsi protetti e tutelati.
Non contento dei risultati raggiunti, Harlow si spinge oltre. Prima toglie le “madri di pezza” per valutare le conseguenze psicologiche sui piccoli, che ovviamente sono devastanti. Poi isola dalla nascita alcuni cuccioli, per settimane, mesi, addirittura anni, facendoli diventare totalmente passivi e privi di rapportarsi con gli altri individui della propria specie una volta rimessi in gruppo. Molti smettevano perfino di alimentarsi fino alla morte. Le femmine che non avevano alcuno stimolo sessuale vennero fecondate artificialmente. Dopo il parto le conseguenze furono drammatiche, si andava dal totale disinteresse verso la prole ad atti di violenza gravi verso i neonati.
Una parte della comunità scientifica condannò questo e altri esperimenti che Harlow realizzò negli anni seguenti su scimmie e ratti mentre le violenze di tali studi fecero nascere in seno all’opinione pubblica americana i primi fermenti di quei movimenti che negli anni seguenti si sarebbero battuti per i diritti di altre specie.
Harlow non si farebbe problemi a realizzare questi studi su dei bambini se la morale comune e l’inaffidabilità dei neonati come campione non glielo impedissero. Ripiega così sui dei piccoli macachi, che per somiglianza alla nostra specie nei segnali affettivi e reattività infantile gli sembrano le cavie più adatte.
Sessanta cuccioli sono così strappati alle proprie madri dopo poche ore dalla nascita. Harlow costruisce per loro due modelli di madri surrogati. Il primo è fatto di legno e viene ricoperto da un panno caldo, il secondo invece è solo un involucro metallico. Quest’ultimo modello viene dotato di un meccanismo per nutrire il piccolo macaco, mentre il primo ne è privo all’inizio dell’esperimento.
Quello che succede è che tutte le piccole scimmie decidono di stare sempre con la “madre di pezza”, spostandosi verso l’altra solo il tempo indispensabile a nutrirsi. Anche quando vengono spaventati, i cuccioli si rifugiano vicino al surrogato di pezza.
Insomma, non è il soddisfacimento dei bisogni primari a creare quel legame indissolubile che in ogni specie si instaura tra madre e figlio ma la necessità di un contatto fisico, del calore, della possibilità di sentirsi protetti e tutelati.
Non contento dei risultati raggiunti, Harlow si spinge oltre. Prima toglie le “madri di pezza” per valutare le conseguenze psicologiche sui piccoli, che ovviamente sono devastanti. Poi isola dalla nascita alcuni cuccioli, per settimane, mesi, addirittura anni, facendoli diventare totalmente passivi e privi di rapportarsi con gli altri individui della propria specie una volta rimessi in gruppo. Molti smettevano perfino di alimentarsi fino alla morte. Le femmine che non avevano alcuno stimolo sessuale vennero fecondate artificialmente. Dopo il parto le conseguenze furono drammatiche, si andava dal totale disinteresse verso la prole ad atti di violenza gravi verso i neonati.
Una parte della comunità scientifica condannò questo e altri esperimenti che Harlow realizzò negli anni seguenti su scimmie e ratti mentre le violenze di tali studi fecero nascere in seno all’opinione pubblica americana i primi fermenti di quei movimenti che negli anni seguenti si sarebbero battuti per i diritti di altre specie.
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