Sophie
pesava quarantacinque chili, una radiografia di Sophie. Le cavità di
ascelle e inguine e le punte di bacino, gomiti, nocche e spina
dorsale tendevano lo stretto involucro della pelle malata come le
sporgenze delle corna di un cervo. Sentiva che ciò che lei era
rimpiccioliva progressivamente dentro un corpo le cui zone più
distanti diventavano remote, esaurite, scollegate, da scaricare in
volo come le fasi di un missile. Troppo spesso ormai gli arti
sembravano collegati alla persona né più né meno delle teste
autonome e svolazzanti di un' idra, volitive, recalcitranti e fuori
sincrono. La sua bellissima testa era un cranio lucido, una
spruzzaglia di alghe al posto dei capelli soltanto sopra le orecchie
e un melone liscio teso ben bene sopra come involucro lucente, e poi
giù lungo la fronte rugosa come un asse da bucato fino ai graziosi
occhi verdi incorniciati da cerchi di un nero così carico e totale
che sembravano sprofondati dentro le orbite. Sophie premette un dito
bianco su un cerchio nero sotto l' occhio, inclinò la testa e si
sorrise. (...)
Sophie
è la vita di Solomon e viceversa, non si discute. Dopo trentadue
anni di simile fortuna e felicità, Sophie non sa nemmeno da dove
cominciare a ringraziare Dio in ginocchio. Il tempo da malata insieme
a Solomon è molto meglio del tempo normale in qualsiasi altro luogo,
e viceversa: Solomon considera allo stesso modo il tempo passato con
Sophie malata. È tutto vero anche se Solomon in realtà non vuole
ammettere che Sophie è malata; o meglio, così malata da impedire a
una Sophie Silverfish malata di tenere testa a qualunque cosa il
mondo possa scagliare addosso a una persona che sta bene, incluso
Solomon Silverfish, l' avvocato pazzo che si ritrova per marito.
Solomon ha giocato con la malattia della moglie in quel modo
frenetico che ha di giocare con tutte le cose che lo toccano nel
profondo. La prendeva in giro e la torturava. Accusava una Sophie
radiografica di obesità dirompente. Le tirava l' orecchio reggendole
la testa sopra il water. Si lamentava a gran voce dell' umidore
salato che sentiva in bocca quando di notte le baciava le lacrime
silenziose di un dolore silenzioso. Pasticciava con le sue parrucche.
Una volta col rossetto le aveva disegnato sul cranio una faccia
sorridente con gli occhi storti mentre lei dormiva. Certe volte usava
il vuoto lasciato da un seno per poggiare il mezzo melone della
colazione a letto, il mattino. Sophie sa che a un estraneo può
sembrare poco gentile. Essendo sua moglie da anni sa anche che
Solomon riserva la gentilezza a chi secondo lui ne ha bisogno perché
è messo male. Diventa gentile con qualcuno quando gli dispiace per
lui. E a Sophie Solomon non farebbe mai il torto di dispiacersi per
lei.
Sophie sa che solo Solomon sa che una Sophie malata è sotto
tutti gli aspetti importanti pur sempre una Sophie, non un insieme di
bacchette e tubicini da accarezzare e coccolare. Ecco perché, pensò
Sophie mettendosi a letto con una camicia da notte pulita e prendendo
due salatini da mandar giù perché una persona che vomita deve avere
sempre qualcosa nello stomaco altrimenti vomita acido, provateci voi
se pensate che sia divertente, e si rimise l' ago della flebo in
quella tavoletta da cribbage gialla e piena di lividi che era il suo
polso, applicando di nuovo il cerotto con maestria e pratica
consumate, sollevando lo sguardo sulla boccia di zucchero e medicina
con l' assurda parrucca sbilenca di capelli neri in quella luce al
sodio arancione bruciato, ecco perché, pensò Sophie, il suo Solomon
era una persona magica ora più che mai, e perché nel suo animo c'
era tanto di quell' amore per lui da salvarla anche ora che era
mortalmente malata.
È
una cosa difficile da afferrare, il percome delle cose. Durante tutto
questo brutto periodo Solomon ha fatto sentire e capire a Sophie che
lei è la malata, non la malattia. Lei è quello che è, non quello
che ha dentro. Sophie respira molto meglio sapendo che lei per
Solomon non morirà mai, e a questo Sophie aggiunge un viceversa
ancora migliore riguardo alla vita di Solomon. Ecco perché Sophie d'
ora in poi prenderà solo gli antidolorifici che le evitano di
smaniare peggiorando la situazione per tutti quanti. Vuole stare con
suo marito e con se stessa. Solomon Silverfish, a parte il favore non
da poco di averla amata per trentadue anni rendendola la donna più
felice sulla faccia della terra, ha aiutato Sophie a usare la
malattia per capire ciò che lei è e ciò che non è. Non sa di
averlo fatto, perché da quando in qua anche il migliore dei maghi sa
di usare la magia sulle persone e non la semplice abilità di uno
svelto di mano e sciolto di lingua? Sophie crede di avere ormai
capito alla sua età che la magia altro non è se non il semplice
rapporto tra una persona e le altre persone che la circondano. Era
nel letto, nell' arancione, due cracker mandati giù e innaffiati con
la tiepida acqua naturale del bicchiere sul comodino. Respirò
abituando a piccole dosi lo sguardo a quella specie di luce, e si
sentì meglio. Il braccio si intiepidì per la sostanza che veniva
iniettata dall' alto.
Lei aspettò il sorgere del sole e Solomon, e fece quello che sempre si fa quando si aspetta. Ricordò.
Lei aspettò il sorgere del sole e Solomon, e fece quello che sempre si fa quando si aspetta. Ricordò.
David
Foster Wallace da Solomon Silverfish,
nella raccolta Questa è
l' acqua
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