sabato 7 luglio 2018

Emozioni




Sapete cosa c’è di nuovo? Che da oggi smetto di sottopormi alla stimolazione emotiva procurata per via artistica. Se lo scopo della musica è quello di sollecitare emozioni che uno per conto suo non proverebbe, tenetevela pure, la musica. Ridatemi un’emozione secca. Lasciate che (…) mi goda l’immensità di un pomeriggio di noia. Che guardi un tramonto senza provare assolutamente nulla. Che mi dispiaccia lasciare solo un albero. Che mi conceda il piacere di una piccola pratica autolesionistica scegliendo fra le molteplici varietà disponibili sul mercato e ne stabilisca la dose giornaliera. Che passeggiando per il lungomare della mia città di domenica mattina presto, mentre vengo costantemente superato da cinquanta/sessantenni ansimanti in pantaloncini e canottiera (ma cosa corrono, dove vanno, con chi competono, quali aspirazioni coltivano per infliggersi una simile sofferenza?) a un tratto capisca che cinque righe sarebbero uno spazio più che sufficiente a raccontare la mia vita fin qui, e che il poco che ho fatto e sono mi basti. Ristabiliamo il primato di un’emozione anarchica, irriproducibile, inclassificabile, su cui non si possano accampare diritti, specialmente d’autore. Di una strizza estemporanea che non c’entra niente con le contingenze, ma quando viene non la dimentichi più. Della compostezza di un dolore vero. Dell’inconfondibile caldana che segue a una figura di merda. Dell’incomunicabilità di una cosa importante. Della ricerca del modo per dirla. Dell’indescrivibile sazietà che provi quando capisci in pieno il significato di una parola, e impari esattamente dove metterla. Allora ti sembra che il mondo, ma proprio tutto, diventi una cosa che si apre e si chiude (e quindi, all’occorrenza, si aggiusta).

D. De Silva, Sono contrario alle emozioni














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