Sapete
cosa c’è di nuovo? Che da oggi smetto di sottopormi alla
stimolazione emotiva procurata per via artistica. Se lo scopo della
musica è quello di sollecitare emozioni che uno per conto suo non
proverebbe, tenetevela pure, la musica. Ridatemi un’emozione secca.
Lasciate che (…) mi goda l’immensità di un pomeriggio di noia.
Che guardi un tramonto senza provare assolutamente nulla. Che mi
dispiaccia lasciare solo un albero. Che mi conceda il piacere di una
piccola pratica autolesionistica scegliendo fra le molteplici varietà
disponibili sul mercato e ne stabilisca la dose giornaliera. Che
passeggiando per il lungomare della mia città di domenica mattina
presto, mentre vengo costantemente superato da cinquanta/sessantenni
ansimanti in pantaloncini e canottiera (ma cosa corrono, dove vanno,
con chi competono, quali aspirazioni coltivano per infliggersi una
simile sofferenza?) a un tratto capisca che cinque righe sarebbero
uno spazio più che sufficiente a raccontare la mia vita fin qui, e
che il poco che ho fatto e sono mi basti. Ristabiliamo il primato di
un’emozione anarchica, irriproducibile, inclassificabile, su cui
non si possano accampare diritti, specialmente d’autore. Di una
strizza estemporanea che non c’entra niente con le contingenze, ma
quando viene non la dimentichi più. Della compostezza di un dolore
vero. Dell’inconfondibile caldana che segue a una figura di merda.
Dell’incomunicabilità di una cosa importante. Della ricerca del
modo per dirla. Dell’indescrivibile sazietà che provi quando
capisci in pieno il significato di una parola, e impari esattamente
dove metterla. Allora ti sembra che il mondo, ma proprio tutto,
diventi una cosa che si apre e si chiude (e quindi, all’occorrenza,
si aggiusta).
D. De Silva, Sono contrario alle emozioni
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