Noi siamo sacrificio di ma anche sacrificio per.
Volevo ringraziare quel Cocker Spaniel - di cui probabilmente non conoscerò mai il nome - che nel 1958 ha donato, non so quanto volontariamente, un campione di cellule provenienti dai suoi tubuli renali affinché a distanza di 63 anni io possa ricevere il vaccino antiinfluenzale coltivatoci sopra.
Dovrei anche ringraziare la povera Kudrjavka (Ricciolina) che la maggior parte di voi conosce col nome di Laika, perché nonostante le avessero messo delle crocchette al cianuro per porre fine alle sue sofferenze nella solitudine dello spazio profondo, il suo piccolo cuore ha retto solo poco tempo di accelerazione e di sbalzo di temperatura dopo che lo Sputnik è stato sparato oltre l’atmosfera terrestre.
Dov’è la mano che mi accarezzava? - credo abbia pensato in quei lunghi attimi di terrore.
E i milioni di topi e di cavie sono meno meritevoli del mio grazie per aver salvato il mio amico dal linfoma che lo aveva quasi consumato?
E certo non dimentico nemmeno tutte quelle donne dei paesi allora definiti del terzo mondo che nel dopoguerra furono letteralmente avvelenate con estrogeni e progestinici ad alte dosi affinché oggi con una pillola a basso dosaggio si possa trombare senza per forza figliare.
E cosa potrei dire a Henrietta Lacks, donna nera di 30 anni, che morì di tumore alla cervice senza mai sapere che le sue cellule uterine rubate senza consenso sarebbero state coltivate per 70 anni e avrebbero salvato milioni di donne dallo stesso destino?
Sempre il sacrificio dei senza nome, però, dei più fragili, dei più indifesi, di chi non aveva la forza per protestare o un importanza tale da avere qualcuno schierato dalla propria parte.
Vorrei un mondo senza il loro sacrificio passato?
No.
No, perché non saprei immaginarlo.
Probabilmente non avrei questo dispositivo digitale dal quale sto frignando e molto facilmente sarei morto 28 anni fa perché nessuno avrebbe mai testato e commercializzato il ceftriaxone che nel 1994 mi spararono in vena dopo avermi aperto come un cotechino e con cui mi presero per i capelli dalla peritonite per un appendice esplosa nel giro di una notte.
E allora non solo ringrazio tutti gli ultimi che non sono più ma voglio anche ricordare tutti i loro nomi silenziosi e tutti i loro volti persi nel tempo, decidendo cosa fare col tempo che il loro sacrificio mi ha concesso…
Essere consapevole di poter a mia volta costituire il sacrificio perché qualcun’altro sia vivo e felice.
Parlando quando non avrei voglia di parlare, ascoltando quando invece le mie orecchie sarebbero piene di altro, tendendo la mano pure quando il braccio duole e stando fermo e saldo quando invece l’unico mio desiderio sarebbe sdraiarmi, dormire, forse sognare.
Non posso salvare nessuno degli esseri viventi che hanno dato la loro vita perché io sia qua con voi ma posso fare in modo che chi mi sia accanto non si dimentichi di chi gli ha spianato una strada altrimenti piena di incomprensione, odio, sofferenza e solitudine.
Grazie Hope… visto che allora forse eri solo un numero sopra una gabbia, ti voglio ricordare con questo nome.
Nessun commento:
Posta un commento