A
Parigi, la gente cammina molto più in fretta che a Guilvinec, Joss
l’aveva constatato da parecchio tempo. Ogni mattina, i pedoni
filavano lungo l’avenue du Maine a una velocità di tre nodi. Quel
lunedì Joss filava a poco meno di tre nodi e mezzo, nello sforzo di
recuperare un ritardo di venti minuti. Per via dei fondi di caffè
che si erano completamente rovesciati sul pavimento della cucina.
Non
si era sorpreso. Aveva capito da tempo che le cose sono dotate di una
vita segreta e perniciosa. Salvo forse alcuni accessori nautici che,
a memoria di marinaio bretone, non l’avevano mai aggredito, il
mondo delle cose era indubbiamente carico di un’energia tutta
concentrata a rompere le palle all’uomo. Il più insignificante
errore di manipolazione offriva all’oggetto un’improvvisa libertà
che, per quanto minima, innescava una serie di sciagure a catena in
grado di coprire un’ampia gamma, dalla seccatura alla tragedia. Il
tappo che sfugge dalle dita era, nella tonalità minore, un modello
base. Perché un tappo caduto non rotola ai piedi dell’uomo,
assolutamente no. Si acquatta dietro al fornello, malignamente, come
il ragno in cerca di inaccessibilità, scatenando per il suo
predatore, l’Uomo, una sequenza di cimenti variabili: spostamento
del fornello, rottura del tubo di gomma, caduta di utensile,
scottatura. [...]
In questo modo le cose, animate da uno spirito di vendetta che traevano a buon diritto dalla loro condizione di schiavitù, riuscivano per brevi ma intensi attimi ad assoggettare l'uomo al loro larvato potere, a farlo torcere e strisciare come un cane, senza risparmiare né le donne né i bambini. No, per niente al mondo si sarebbe fidato delle cose, come non si sarebbe fidato degli uomini o del mare. Le cose ti rubano la ragione, gli uomini l'anima e il mare la vita.
Fred Vargas, Parti in fretta e non tornare
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