Il
terzo modo di leggere un libro è il più semplice, ma è proprio di
grandi lettori. Si acquista con l’età, l’esperienza, oppure è
un dono che si scopre in se stessi, da ragazzi, con la rivelazione
delle prime letture. Si tratta di non abbandonare mai “quel”
libro, di lasciarlo e riprenderlo, di “andarci a letto”. Ma
poiché questo modo è suggerito soltanto dai grandi autori, col
tempo si resta circondati soltanto da ottimi libri. E si diventa
perfidi, si arriva a capire un libro nuovo ad apertura di pagina, a
liberarsene subito. E se invece il libro convince, a lasciarlo per
qualche tempo sempre a portata di mano, sul tavolo o sul comodino,
poiché la sua sola vista procura un vero piacere, né si teme di
finirli presto: lo scopo di questi libri è infatti di essere
riletti, di farsi riprendere quando tutto va male, quando ci sembra
che la verità possa esserci confermata non da quello che succede
intorno a noi, ma da quello che è nelle pagine di un libro. Tutti i
grandi libri sono stati letti e continuano a essere letti così. È
più esatto dire che
non
si tratta di leggerli, ma di abitarli,
di sentirseli addosso.
Facendone
il conto, ognuno trova che i suoi si riducono a un centinaio,
largheggiando. E molti di essi hanno aspettato anni e anni prima di
essere ripresi, in un giorno di particolare disgusto esistenziale. Ma
è la loro forza.
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