Non
ha mai avuto tutt’a un tratto bisogno di simpatia, di aiuto, di
amicizia? Certamente sì. Io ho imparato ad accontentarmi della
simpatia. Si trova con maggior facilità, e poi non impegna. “Creda
alla mia simpatia”, nell’intimo precede immediatamente “ed ora
occupiamoci d’altro”. È un sentimento da presidente del
consiglio: lo si ottiene a buon mercato dopo le catastrofi.
L’amicizia è una cosa meno semplice. È lunga e difficile da
ottenere, ma quando la si ha, non c’è più mondo di liberarsene,
bisogna far fronte. Soprattutto non creda che gli amici telefonino
ogni sera, come dovrebbero, per sapere se non è proprio quella la
sera in cui uno ha deciso di uccidersi, o più semplicemente se ha
bisogno di compagnia, se è disposto ad uscire. Ma no, se telefonano,
stia tranquillo, sarà la sera in cui non si è soli e la vita è
bella. Al suicidio magari vi ci spingono, in nome di ciò che,
secondo loro, uno deve a se stesso. Caro signore, ci salvi il cielo
dall’essere collocati troppo in alto dai nostri amici! Quanto a
loro che avrebbero il compito di amarci, voglio dire i parenti ed i
congiunti (che modo d’esprimersi!), è un’altra faccenda. Sanno
la parola che ci vuole, ma è una parola proiettile; telefonano come
si tira al bersaglio. E mirano giusto, i traditori!
Albert
Camus, La caduta
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