-Fai
una passeggiata, ho sentito, - disse lei piano.
Peter
non era sicuro che sarebbe riuscito a parlare.
Si
schiarì la voce. - Sì. Ti va di venire?
Attraversarono
il giardino e raggiunsero il sentiero di terra battuta dove un tempo
correva il binario della ferrovia. Non parlarono di nulla in
particolare: delle vacanze, del tempo, di qualche fatto di cronaca,
qualsiasi cosa, pur di evitare argomenti personali. La mano di lei
fresca e liscia finì tra le sue, nel corso della passeggiata.
Peter
pensò seriamente che questa volta avrebbe potuto alzarsi in volo
fino a sfiorare le cime degli alberi. Aveva sentito raccontare di
come ragazzi e ragazze, uomini e donne si innamorano e non capiscono
più niente, ma aveva anche sempre pensato che la gente la fa un po'
troppo lunga sull'argomento. Dopo tutto, quanto possono
ragionevolmente piacersi due persone? Anche nei film, quei pezzi ai
quali ci si doveva sempre rassegnare, quando i protagonisti rubano
minuti preziosi per diventare melensi e guardarsi negli occhi e
baciarsi, a lui erano sempre sembrati uno spreco di tempo ridicolo,
buono soltanto a tenere in sospeso la storia per un'eternità. E
adesso, eccolo qui, a sentirsi sciogliere solo al contatto della mano
di Gwendoline, ad avere voglia di urlare di gioia.
Raggiunsero
la galleria e, senza mai smettere di parlare, si infilarono nel
passaggio tra le assi, dentro l'oscurità fredda e fumosa. Procedendo
si tenevano stretti, e ridacchiavano quando coi piedi finivano in una
pozzanghera. La galleria non era molto lunga. Si vedeva già
l'uscita, piena di luce rosa come una stella. A metà percorso si
fermarono. Erano vicinissimi. Su braccia e visi restava ancora il
calore del sole. Si strinsero ancor più vicino e, tra lo sgocciolio
dell'acqua nelle pozzanghere e il trapestio di animali spaventati, si
diedero un bacio. Peter seppe immediatamente che in tutti gli anni
della sua infanzia felice, e persino nei momenti più belli, come
quando giocava con la Banda del Mare nelle sere d'estate, non aveva
mai fatto una cosa più incantevole, più emozionante e straordinaria
di quel bacio scambiato con Gwendoline nella galleria del treno.
Proseguendo
in direzione della luce, lei gli raccontò che un giorno sarebbe
diventata dottore e scienziato e avrebbe lavorato alla ricerca di
nuove cure per malattie mortali. Uscirono strizzando gli occhi nel
sole e si trovarono un posto sotto gli alberi insieme a certi fiori
azzurri sorretti da steli esilissimi. Si sdraiarono, chiusero gli
occhi, vicini sull'erba alta, circondati dal ronzio degli insetti.
Lui le raccontò delle sue invenzioni, della macchina
anti-gravitazionale. Di lì a poco avrebbero potuto andarsene
insieme, montare sulla sua spider verde a due posti e percorrere le
stradine della Cornovaglia e del Devon fino a Londra. Lungo il
tragitto, si sarebbero fermati in un ristorante per concedersi una
mousse al cioccolato, un gelato e litri di limonata. A mezzanotte
avrebbero raggiunto l'edificio. Poi, una corsa in ascensore, e Peter
avrebbe aperto la porta del laboratorio per mostrarle la macchina con
i suoi tasti e le belle lucine accese.
Un
colpo di interruttore, ed eccoli galleggiare leggeri a mezz'aria
insieme a tavoli e sedie...
Doveva
essersi assopito nell'erba, mentre le raccontava tutto questo. La
spider, pensò col cervello annebbiato dal sonno, mousse di
cioccolato, mezzanotte, restare alzato quanto mi pare, e Gwendoline.
Fu a questo punto che si rese conto di avere lo sguardo puntato al
soffitto di camera sua e non al cielo. Si alzò dal letto e raggiunse
la finestra che si affacciava sulla spiaggia. In lontananza, riusciva
a vedere la Banda del Mare. C'era bassa marea. Le pozze tra gli
scogli restavano in attesa dell'acqua.
Si
infilò un paio di calzoncini e una maglietta e scese di corsa. Era
tardi, gli altri avevano già fatto colazione da un pezzo. Tracannò
un bicchiere di succo d'arancia, afferrò un panino e si precipitò
fuori, oltre il giardino minuscolo, sulla spiaggia. La sabbia gli
scottava già i piedi. Mamma, papà e i loro amici si erano sistemati
coi libri tra sedie a sdraio e ombrelloni.
La
mamma lo salutò con la mano. - Ti sei fatto una bella dormita.
Dovevi averne bisogno.
I
suoi amici lo avevano visto e gli stavano gridando: - Peter, Peter,
corri, vieni a vedere!
Peter
si mise a correre tutto contento verso di loro, e doveva essere già
a metà strada, quando si volse a guardare i grandi ancora una
volta. Riparati dalla tela colorata degli ombrelloni, si chinavano
per parlarsi più da vicino. Adesso li considerava in un modo diverso
però. Sapevano cose belle che stavano appena incominciando ad
affiorare anche in lui, come sagome nella foschia. C'erano altre
avventure nella vita, dopo tutto.
Come
sempre, Gwendoline sedeva da parte con i suoi libri e le carte,
intenta a studiare per l'esame. Lo vide e sollevò una mano. Si stava
solo aggiustando gli occhiali sul naso, o lo salutava? Chi poteva
dirlo?
Peter
si voltò a guardare il mare. Luccicava, fino laggiù, all'orizzonte.
Gli si dispiegava dinanzi, sconosciuto e immenso. Una dopo l'altra le
onde si srotolavano e spruzzavano sopra la sabbia, e a Peter
sembrarono l'immagine di tutte le idee e le fantasticherie della sua
vita. Sentì di nuovo chiamare il suo nome. Kate, sua sorella,
ballava saltando sulla spiaggia bagnata.
-
Abbiamo trovato un tesoro, Peter! -
Alle
sue spalle, Harriet si reggeva su una gamba sola, con le mani sui
fianchi, e disegnava ampi cerchi di sabbia con la punta del piede.
Toby e Charlie e i più piccoli facevano turni a suon di spintoni per
saltare da uno scoglio dentro una pozza di acqua salmastra. E oltre
tutto questo umano fermento, l'oceano si gonfiava e si ripiegava,
perché a nulla e nessuno è dato di restare fermo, non agli uomini,
non all'acqua e neppure al tempo.
-Un
tesoro! - esclamò ancora Kate.
-Eccomi,
- gridò Peter. - Arrivo -.
E
si lanciò di corsa verso la battigia. Si sentiva agile e
leggerissimo sulla sabbia.
-
Sto per prendere il volo, - pensò. Chissà se stava sognando, o se
volava davvero.
Ian
McEwan, I Grandi, da L’inventore di
sogni
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