"Ho
visto un ragazzo di circa dieci anni a piedi. Portava un bambino
sulla schiena. In quei giorni in Giappone, spesso abbiamo visto i
bambini che giocavano con i loro piccoli fratelli o sorelle sulle
loro spalle, ma questo ragazzo era chiaramente diverso. Si vedeva
chiaramente che era venuto in questo posto per una ragione seria. Non
indossava scarpe. Il viso era contratto. La piccola testa del bambino
(sulle spalle) era piegata come se fosse addormentato. Il ragazzo
stette lì per cinque o dieci minuti. Poi gli uomini in maschera
bianca gli si avvicinarono e cominciarono tranquillamente a togliere
la corda che legava il bambino. Allora ho visto che il bambino era
già morto. Gli uomini presero il corpo per le mani e i piedi e lo
adagiarono sul fuoco. Il ragazzo era fermo, immobile, fissava le
fiamme. Stava mordendo il labbro inferiore così forte che brillava
di sangue. La fiamma bruciava bassa come il sole che scendeva. Il
ragazzo si voltò e se ne andò in silenzio".
Con
queste parole Joe O'Donnell, fotoreporter americano inviato
dall’esercito statunitense a documentare le conseguenze che le due
bombe atomiche avevano avuto sulla popolazione e sulle strutture
nipponiche, raccontò una delle immagini simbolo della tragedia che
colpì il Giappone dopo il 6 e il 9 agosto 1945.
Per sette mesi, a partire da poco dopo la fine delle ostilità, Joe viaggiò documentando macerie, morti, cremazioni, orfani, feriti, menomati. Alla fine della sua esperienza, nella quale raccolse centinaia di immagini durissime, si convinse che usare l’atomica era stata una scelta sbagliata.
Solo una ventina di anni fa O’Donnell decise di rendere pubblici molti degli scatti che aveva conservato per tutta la vita. Più volte prima di morire si espresse contro le bruttezze della guerra.
Per sette mesi, a partire da poco dopo la fine delle ostilità, Joe viaggiò documentando macerie, morti, cremazioni, orfani, feriti, menomati. Alla fine della sua esperienza, nella quale raccolse centinaia di immagini durissime, si convinse che usare l’atomica era stata una scelta sbagliata.
Solo una ventina di anni fa O’Donnell decise di rendere pubblici molti degli scatti che aveva conservato per tutta la vita. Più volte prima di morire si espresse contro le bruttezze della guerra.
Difficile
tuttora quantificare i morti, i feriti e le conseguenze sul lungo
termine dello scoppio dei due ordigni. Le cifre dei decessi variano
da un minimo di 150.000 persone ad un massimo di 250.000. Per i
feriti si parla di almeno 100.000 persone. Ancora oggi molti pagano
sul proprio corpo e su quello dei propri figli o nipoti le
conseguenze di quell’esplosione.
Hiroshima,
Giappone, 1945:
Quest'ombra che sembra quasi disegnata sul
bianco di cinque gradini, racconta gli ultimi istanti di una persona.
Di lei non ci rimane che l'ombra causata dal flash della bomba
atomica quel 6 agosto. In un attimo la luce radioattiva fissa sul
terreno la sagoma prospettivata di quello spettatore impotente di uno
dei più atroci gesti dell'umanità. Se si osserva attentamente, "The
Shadow" ritrae una persona anziana che si appoggia al bastone,
ad assistere inconsapevolmente al suo destino.
Nessun commento:
Posta un commento