lunedì 7 agosto 2017

Hiroshima e Nagasaki





"Ho visto un ragazzo di circa dieci anni a piedi. Portava un bambino sulla schiena. In quei giorni in Giappone, spesso abbiamo visto i bambini che giocavano con i loro piccoli fratelli o sorelle sulle loro spalle, ma questo ragazzo era chiaramente diverso. Si vedeva chiaramente che era venuto in questo posto per una ragione seria. Non indossava scarpe. Il viso era contratto. La piccola testa del bambino (sulle spalle) era piegata come se fosse addormentato. Il ragazzo stette lì per cinque o dieci minuti. Poi gli uomini in maschera bianca gli si avvicinarono e cominciarono tranquillamente a togliere la corda che legava il bambino. Allora ho visto che il bambino era già morto. Gli uomini presero il corpo per le mani e i piedi e lo adagiarono sul fuoco. Il ragazzo era fermo, immobile, fissava le fiamme. Stava mordendo il labbro inferiore così forte che brillava di sangue. La fiamma bruciava bassa come il sole che scendeva. Il ragazzo si voltò e se ne andò in silenzio".
Con queste parole Joe O'Donnell, fotoreporter americano inviato dall’esercito statunitense a documentare le conseguenze che le due bombe atomiche avevano avuto sulla popolazione e sulle strutture nipponiche, raccontò una delle immagini simbolo della tragedia che colpì il Giappone dopo il 6 e il 9 agosto 1945.
Per sette mesi, a partire da poco dopo la fine delle ostilità, Joe viaggiò documentando macerie, morti, cremazioni, orfani, feriti, menomati. Alla fine della sua esperienza, nella quale raccolse centinaia di immagini durissime, si convinse che usare l’atomica era stata una scelta sbagliata.
Solo una ventina di anni fa O’Donnell decise di rendere pubblici molti degli scatti che aveva conservato per tutta la vita. Più volte prima di morire si espresse contro le bruttezze della guerra.
Difficile tuttora quantificare i morti, i feriti e le conseguenze sul lungo termine dello scoppio dei due ordigni. Le cifre dei decessi variano da un minimo di 150.000 persone ad un massimo di 250.000. Per i feriti si parla di almeno 100.000 persone. Ancora oggi molti pagano sul proprio corpo e su quello dei propri figli o nipoti le conseguenze di quell’esplosione.



Hiroshima, Giappone, 1945:

Quest'ombra che sembra quasi disegnata sul bianco di cinque gradini, racconta gli ultimi istanti di una persona. Di lei non ci rimane che l'ombra causata dal flash della bomba atomica quel 6 agosto. In un attimo la luce radioattiva fissa sul terreno la sagoma prospettivata di quello spettatore impotente di uno dei più atroci gesti dell'umanità. Se si osserva attentamente, "The Shadow" ritrae una persona anziana che si appoggia al bastone, ad assistere inconsapevolmente al suo destino. 


 



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