Il
2 agosto
è stato l’Overshoot
day,
cioè il giorno in cui la
quantità richiesta di risorse naturali dell’umanità ha superato
quelle che la Terra è in grado di generare nello stesso anno.
Ogni
anno, questa data cade sempre prima nel calendario: nel 1997 cadeva
alla fine di settembre, nel 2016 era stata l’8 agosto. Questo
significa che le risorse si esauriscono a ritmi sempre più elevati,
le attività di pesca e raccolta vengono praticate in modo eccessivo,
consumando sempre più risorse ecologiche di quelle che la natura è
in grado di rigenerare, ed emettiamo nell’atmosfera più anidride
carbonica di quanto le foreste possano assorbire.
L’Overshoot
day è
una campagna internazionale ideata dal think
tank
britannico New Economics Foundation per marcare chiaramente il
passaggio annuale tra consumo sostenibile e consumo a spese del
pianeta. Oggi, questa iniziativa è portata avanti dal Global
Footprint Network, una rete di esperti che ha elaborato un indice
unico e facilmente comprensibile per il calcolo dell’impronta
ecologica. Infatti, la data dell’Overshoot
day viene
calcolata in base a un apposito indice, il Food
Sustainability Index,
prodotto dal Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN), in
collaborazione con l’Intelligence Unit dell’Economist.
Come
illustra
un’infografica
del BCFN, il cibo influisce sull’impronta ecologica umana per il
26%. L’indice di sostenibilità alimentare comprende 58 indicatori
riferiti a tre aspetti chiave: agricoltura sostenibile, sfide
nutrizionali, perdita e spreco di cibo. Applicando l’indice a 25
paesi, nel 2016 la Francia è risultata la più virtuosa, seguita da
Giappone e Canada, con l’Italia in sesta posizione.
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