Nel
2014 nell’Ue
28
sono stati prodotti circa 2,5
miliardi di tonnellate di rifiuti industriali,
di cui il 96,2% non pericolosi (pari a circa 2,4 miliardi di
tonnellate) e il 3,8% pericolosi (pari a circa 95 milioni di
tonnellate)”. Questo
è l’incipit del Rapporto
Ispra
sui Rifiuti speciali, industriali e tossici 2017,
che fa riferimento a dati 2015 italiani e 2014 del contesto europeo.
Quindi,
i
rifiuti
urbani
di cui tutti ci preoccupiamo e parliamo tanto, per la riduzione
dell’inquinamento e la raccolta differenziata, sono inferiori
al 10%
del totale dei rifiuti prodotti in Europa 28. Invece, i
rifiuti speciali, industriali e tossici, occupano
stabilmente le prime pagine dei nostri giornali per disastri
ambientali, smaltimenti scorretti, e sono perfino
considerati mandanti dell’eccezionale attacco
eversivo
allo
Stato italiano,
compiuto quest’estate a danno della natura di tutto lo Stato
italiano, dalla Liguria al Parco nazionale del Vesuvio (dichiarazione
magistrato Roberto Pennisi, della Procura nazionale antimafia,
nell’intervista del 15 luglio 2017 su Avvenire).
Eppure,
di questa categoria di rifiuti, ormai predominante e pericolosissima,
perché
non tracciata né vincolata
come i rifiuti urbani a trattamento di prossimità, ma in libera
circolazione senza tracciabilità alcuna se non cartacea, nessuno
vuole parlarne
in via prioritaria. Nessuno vuole porli mai al centro delle
agende
politiche ambientali,
specie nelle regioni più massacrate, come la Campania. Né
queste sostanze sono al centro degli studi di epidemiologia sul
danno alla salute
da rifiuti (ad eccezione del solo progetto
Sentieri
dell’Istituto
superiore di Sanità), né tantomeno dell’attenzione e delle
proposte sia dei partiti di opposizione che dei comitati e
associazioni ambientaliste, con alcune lodevoli eccezioni come i
report di Legambiente
e alcune sezioni dell’associazione Medici
per l’ambiente – Isde.
Tutte
le regioni meridionali, ampiamente le minori produttrici di questa
categoria di rifiuti, sono tutte ormai da decenni al centro dei
principali traffici
legali e illegali
di questa categoria di rifiuti, che non sono obbligati al trattamento
di prossimità,
come i rifiuti urbani, ma possono girare tranquillamente per il mondo
come merci, per essere smaltiti
nel luogo che avrà garantito non già le migliori tecniche di
smaltimento, ma semplicemente
il
minore costo di smaltimento.
Lo
scorretto smaltimento dei rifiuti
industriali e tossici,
i cui soli rifiuti pericolosi non tracciati in Europa sono oltre 95
milioni di tonnellate l’anno rispetto ai 242 totali
di rifiuti urbani
prodotti,
anno dopo anno, sta assumendo sempre più carattere di assoluto
rilievo nel danno non solo all’ambiente e alla natura di tutto il
mondo, di tutta Europa, di tutta Italia, ma soprattutto nel
danno alla salute da diseguaglianza, laddove per diseguaglianza
deve intendersi non già la semplice deprivazione economica, ma la
incapacità, per tale motivo, di fare concreta opposizione
locale a
chi intende e riesce a trasformare in discariche industriali non a
norma intere regioni come a suo tempo la Campania, compresi i suoi
parchi naturali come il Vesuvio.
Ci
si aspetterebbe un’azione
politica di opposizione
violentissima su questo argomento: non la vedo. Mi aspetterei
che in
ogni angolo di Europa,
ma soprattutto in tutta Italia e in tutto il Sud Italia tutte le
associazioni, i
comitati
ambientalisti
si stracciassero le vesti e facessero marce e manifestazioni con
milioni di persone nei
territori massacrati:
non lo vedo.
Tranne
che nella
Terra dei Fuochi,
dove un pugno di sacerdoti, un gruppo di mamme stroncate dal
dolore della perdita dei loro figli per “deprivazione” economica
e “cattivi stili di vita individuali”, tutti guidati e formati da
un manipolo di medici considerati folli perché troppo vicini
alla Verità e non piegati alle esigenze di carriera, non vedo ancora
un movimento ambientalista
in grado di condizionare la politica a decidersi di assumersi le
proprie responsabilità di controllo efficace.
Non
possiamo permetterci, nel terzo millennio, di
tracciare una per una bufale e “pummarole”,
mentre ignoriamo più di dieci milioni di tonnellate in
Italia e oltre 95 milioni in Europa di rifiuti tossici in libera
circolazione come merci. Non possiamo permetterci di continuare
a tenere bloccata
in Parlamento la legge sulla tutela del marchio dei prodotti tessili,
scarpe,
borse e vestiti,
che vede costituire, in Campania, la prima fonte di produzione di
scarti industriali illegali da bruciare immediatamente in loco
dovunque, sotto i cavalcavia dell’asse mediano o all’interno dei
terreni demaniali come il Parco Naturale del Vesuvio.
Come
abbiamo sempre scritto, Terra
dei Fuochi è tutta Italia
e tutto il mondo, ogni luogo con le caratteristiche proprie del
settore industriale di pertinenza che
non
vuole essere tracciato,
anche con la scusa della grave crisi economica. Con “monotono
languore”, i report Ispra continuano a “ferire il mio cuore”
allorquando continuano a segnalare, nella mia regione, lo zero più
assoluto di discariche e impianti a norma per rifiuti speciali,
industriali e tossici: dai rifiuti ospedalieri ai rifiuti
dell’edilizia, al pericolosissimo e micidiale amianto. Continuiamo
così, facciamoci del male.
di Antonio
Marfella
Medico
per l'ambiente, Napoli
Dirigente
Responsabile SSD Farmacoeconomia c/o Direzione Sanitaria Aziendale
dell’IRCCS Fondazione Sen. G. Pascale
IlFattoQuotidiano.it
/ BLOG / di
Antonio
Marfella
Nessun commento:
Posta un commento