lunedì 29 marzo 2021

Meditazione

 

Anche se la maggior parte di noi inizia un percorso meditativo in cerca di pace, ben presto ci si accorge che quello con cui entriamo in contatto è il caos della nostra mente e la ristrettezza del nostro cuore.

La pace non è la quiete, è piuttosto l’accoglienza dell’irrequietezza.

Non si tratta dunque, di sottrarsi alla vita, all’azione, alle sue necessità per fuggire in un mondo solo interno, in un oltre, ma si tratta di non essere incantati. E’ come svegliarsi.

Il mondo può cambiare solo se cominciamo a cambiare noi stessi, perché la postura “fisica e del cuore” necessaria per meditare è “esporsi all’essere”.

La meditazione, se praticata quotidianamente e con senso di avventura, cioè di ricerca, a poco a poco cambia la vita, perché cambia gradualmente il nostro stato di coscienza.

C’è una bellissima definizione di Yogananda in proposito: “meditare significa morire al mondo senza morire”. È un lasciar andare tutte le cose cui quotidianamente, e per tutta la vita, rimaniamo aggrappati.

Entrare in meditazione, accogliere in silenzio il respiro, conoscere senza pensare, è anche un atto politico.

Ha una portata collettiva indelebile, ci trasforma e con noi trasforma tutto il mondo attraverso il cambiamento del nostro atteggiamento verso ogni fenomeno con cui veniamo in contatto.

Seminare la meditazione, come pure seminare la poesia a scuola, fra i bambini, significa innanzi tutto invitare a tollerare di non capire, per imparare ad ascoltare e ospitare nel corpo.

Incorporare è portare umilmente al corpo ancora e ancora quello che ascoltiamo, finché l’io si stanca e allora noi cambiamo, ci apriamo al non conosciuto.

Chandra Livia Candiani, Il silenzio è cosa viva

 


 


 

 

 

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