Io
sono dei vostri, alberi, sono dei vostri
animali eleganti, io
sono dei vostri. Credetelo.
Sono dei vostri. Ci separa soltanto
un fiato infantile,
ma lo so, lo so, sono io tutto quel
manto,
sono io il tronco e lo storno e il
falco. Ci separa un niente,
colore, capello,
piccolo piccolo nome: l’impianto del
respiro
è solo apparente diverso.
Ci
guarderemo fraternamente.
Io sarò migliore.
Larga come
l’andare d’un fiume
grande, ci capiremo con l’albero e col
seme,
capiremo l’insetto e la grandine.
Risplendiamo.
Adesso.
Essere il mondo, voglio. Sentirmi
a casa nel cosmo.
E le maree saranno
la strada del gonfio cuore. Sarà d’amore
se
cresco. Se avanzo o calo. Sarà d’amore.
E luce voglio. Cosi
m’impétalo, che mi spensiero,
che rido mentre corro, come la
rondine,
mi moltiplico a stelo, gocciolo, mi biforco,
mi
alzo e tramonto, mi slargo, mi infaldo,
divento cima e svetto,
mi innevo e frano.
Tutto
questo io voglio, dolcemente, perché
fuori dell’umano il
dolore è uno sparo
minimo e la più gran parte è ridere,
mi
pare, il grande canto.
Lo
senti il firmamento? Com’è sereno!
Anche noi siamo dentro.
Abbiamo
polverine nelle vene, antiche come il cielo,
sono disciolte nel
sangue, hanno dentro
l’impronta d’un andare semplice e
grande,
come le grandi sfere. Abbiamo sfere nel sangue,
cartine
geografiche con strade d’argento
e vedute telescopiche fino
ad
Aldebaran. Abbiamo Vega nel sangue
la stella prodigiosa,
e istruzioni precise
per il viaggio per l’appontaggio
e
coraggio abbastanza per ogni volo.
Mariangela Gualtieri, Predica ai pesci
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