sabato 16 aprile 2022

Pastiera

 

La pastiera, quella vera, va fatta in casa. Punto e basta.

E badate bene, nessuna pastiera è mai uguale a un’altra.

La pastiera, diciamolo una volta per tutte, non mette d’accordo nessuno: getta scompiglio, crea zizzania, genera competizione, innesca una sorta di guerra civile partenopea (e non solo). Il motivo? Ogni famiglia è straconvinta di essere depositaria e custode della suprema formula, della ricetta per eccellenza. Una ricetta che, solitamente, si tramanda da generazione in generazione ed è stata annotata, in bella grafia, nel tardo medioevo, su di un quaderno senza copertina i cui fogli ingialliti si tengono ancora insieme con la sputazza. Oh, ma straconvinta che più straconvinta non si può! La ricetta di mammà, quella della nonna, chell ra bisnonna, chell ra vicina ‘e casa di quando abitavamo chissà dove, chell ra guardaport, chell ra sora e a nipote dell’amica ‘e chi te stramuort!
Immancabile, poi, è la ricetta dello zio che ha fatto il pasticciere da Scaturchio.
Ogni napoletano che si rispetti, per qualche misterioso motivo, ha avuto uno zio che faceva il pasticciere da Scaturchio ed ha trafugato, dal suo leggendario laboratorio, la ricetta segretissima. Talmente segreta ca’ a sann tutt quant, tranne i titolari della pasticceria Scaturchio.
Si cucinano pastiere da regalare a chiunque. Tutti sì scambiano pastiere con tutti, in mondo così compulsivo, al punto che, in questo turbinio di pastiere ca vann annanz e aret, alcune tornano persino indietro sotto forma di dono a chi quella pastiera l’aveva preparata giorni prima, ed è talmente “sicuro e padrone” della sua ricetta, che la mangia senza accorgersi che si tratta proprio della sua, arrivando persino ad esclamare: “vabbuò, nun pazziamm, io a faccio cientemila vote meglio!“.
Fatidico, infine, è il momento dell’apertura, il taglio della prima fetta a cui fa seguito l’assaggio. Lì, è la famiglia stessa che implode, la guerra civile si trasferisce tra le mura domestiche: “uaaaaaa è venuta perfetta”, “no era meglio l’anno passato”, “nun dicere strunzat, era meglio tre anni fa”, “è colpa ‘e chillu sfaccet ‘e furn”, “l’ann che vvene sarrà nu capolavoro”. Fino a quando non si leva alta una voce, la solita voce, che perentoria nella sua infinita saggezza esclama: Ma che ve ne fott?!! Magnate e stateve zitt!

Francesco Andreoli

 


 



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