martedì 27 giugno 2017

Bulletproof



In un'esplosione interstellare sono tornato per salvare l'universo

Il mio è un paese piccolo, qualche migliaio di anime e un dialetto fatto apposta per parlare di sbagli. Quand'ero ragazzino, quindi, non è che ci fossero poi troppe sottoculture musicali tra i miei coetanei. Tolti quelli a cui la musica interessava poco o niente e quelli che ascoltavano quello che passavano Videomusic o Mtv (...)

C'è anche da dire che parliamo di un'epoca in cui Internet non era ancora quella cosa totalizzante che, a tratti, viene fastidiosamente interrotta dalla vita reale. Quello che ascoltavi o lo avevi comprato, o ti avevano passato una cassetta (o, poco dopo, un cd), o lo avevi registrato dalla radio/dalla tv. Le possibilità, sia di scoperte personali che di influenze reciproche, erano estremamente ridotte.
Va infine considerato che, a livello sociale, esclusi i circoletti dell'amicizia di cui sopra, essere appassionato di musica nella seconda parte degli anni novanta dalle mie parti era sostanzialmente inutile. Non c'era alcun tipo di prestigio generale, non c'era riscontro tra i coetanei, non aiutava a crearsi nuovi giri o a trovare a chi tirare i limonetti fuori dalle sale giochi. La musica non era così importante rispetto ad altro, tutto qua. Capisco che per chi vive la propria giovinezza a Milano o Roma nel 2017 sia inconcepibile, ma this is deep provincia. Non avevi Facebook in cui pubblicare un video dei Joy Division per farti mettere un batti cinque metaforico che ti alzasse il morale (già basso perché stavi ascoltando i Joy Division, ma basso in modo bello) da qualcuno a seicento chilometri da te.

Detto questo, nel mio contesto i Radiohead li ascoltavamo in due.
Sì, c'è stata la parentesi in cui Karma Police la conoscevano tutti, ma comunque sia li ascoltavamo in due.
I Radiohead erano bollati come musica depressa, e lasciati là con un certo fastidio. Te li ascoltavi da solo, in camera o camminando in diga col montgomery e il walkman della Sony, ripetutamente, preso male nella maniera più sublime possibile, con i testi a memoria e a million bubbles all surrogate and bulletproof. Quella roba meravigliosa per cui nello stesso momento ti senti parte di qualcosa di più grande di tutto, pur sapendo di essere solo. Quell'effetto, in quel modo, me l'han fatto provare in pochissimi. E provarlo a sedici anni vuol dire portartelo dietro in ogni momento importante del diventare te stesso. The bends è tuttora il disco della mia vita (avete idea di cosa non siano le b side di quel disco? madonna mia, la definizione da Devoto Oli di bellezza totale).
Poco dopo Ok computer è uscito un documentario sulla band, che consiglio a tutti di recuperare, dal titolo Meeting people is easy. È fatto di alienazione, noia e azzurrino. Tutte le volte che ho incontrato qualcuno che lo aveva visto, si cadeva sempre a parlare della stessa scena: Thom che viene rimbalzato all'entrata di un locale in cui c'era una festa, col buttafuori che lo prende per il culo in quanto membro dei Radiohead. Quel momento sembrava messo là apposta per far scattare nella testa del fan le parole “ecco, esattamente”.
(...)
I Radiohead erano il filtro attraverso il quale affrontavo (affrontavamo) il non capirci un cazzo della mia (nostra) adolescenza. Quando nel 2001 sono andato a vederli all'Arena di Verona c'è stato un momento, alla fine di Paranoid android, in cui metà Arena cantava con Thom e l'altra metà faceva il coro. Accendini. Cuori che battevano fuori giri. Tra una nota e l'altra, tra una sillaba e l'altra, pareva quasi di sentire il silenzio e il rispetto che ci si aspetta all'interno di un tempio. È stato -di nuovo- un momento di comunione con altri quindicimila tizi che sentivano le stesse cose, ognuno a modo proprio. Una preghiera al nostro non sapere chi siamo.
Finito il concerto, tornato a casa, al mio paese rimanevamo pur sempre in due ad ascoltarli (bon, no, in realtà era già uscito Kid A, Internet era già bello potente e il culto cominciava a crescere, ma avete capito cosa intendo).
Domani mi arriva la riedizione di Ok computer (finalmente Lift in versione studio, che cazzo). E io l'ascolterò. E ci saranno i vecchi dubbi, e quelli nuovi. E quel momento a Verona. E le camminate col Sony in diga. E, probabilmente, più occhi lucidi di quanto sia accettabile per un quasi trentacinquenne.  (...)





Limb by limb and tooth by tooth
Tearing up inside of me
Every day every hour
I wish that I was bullet proof 





 

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