In
un'esplosione interstellare sono tornato per salvare l'universo
Il
mio è un paese piccolo, qualche migliaio di anime e un dialetto
fatto apposta per parlare di sbagli. Quand'ero ragazzino, quindi, non
è che ci fossero poi troppe sottoculture musicali tra i miei
coetanei. Tolti quelli a cui la musica interessava poco o niente e
quelli che ascoltavano quello che passavano Videomusic o Mtv (...)
C'è
anche da dire che parliamo di un'epoca in cui Internet non era ancora
quella cosa totalizzante che, a tratti, viene fastidiosamente
interrotta dalla vita reale. Quello che ascoltavi o lo avevi
comprato, o ti avevano passato una cassetta (o, poco dopo, un cd), o
lo avevi registrato dalla radio/dalla tv. Le possibilità, sia di
scoperte personali che di influenze reciproche, erano estremamente
ridotte.
Va
infine considerato che, a livello sociale, esclusi i circoletti
dell'amicizia di cui sopra, essere appassionato di musica nella
seconda parte degli anni novanta dalle mie parti era sostanzialmente
inutile. Non c'era alcun tipo di prestigio generale, non c'era
riscontro tra i coetanei, non aiutava a crearsi nuovi giri o a
trovare a chi tirare i limonetti fuori dalle sale giochi. La musica
non era così importante rispetto ad altro, tutto qua. Capisco che
per chi vive la propria giovinezza a Milano o Roma nel 2017 sia
inconcepibile, ma this is deep provincia. Non avevi Facebook in cui
pubblicare un video dei Joy Division per farti mettere un batti
cinque metaforico che ti alzasse il morale (già basso perché stavi
ascoltando i Joy Division, ma basso in modo bello) da qualcuno a
seicento chilometri da te.
Detto questo, nel mio contesto i Radiohead li ascoltavamo in due.
Sì,
c'è stata la parentesi in cui Karma Police la conoscevano tutti, ma
comunque sia li ascoltavamo in due.
I Radiohead erano bollati come musica depressa, e lasciati là con un
certo fastidio. Te li ascoltavi da solo, in camera o camminando in
diga col montgomery e il walkman della Sony, ripetutamente, preso
male nella maniera più sublime possibile, con i testi a memoria e a
million bubbles all surrogate and bulletproof. Quella roba
meravigliosa per cui nello stesso momento ti senti parte di qualcosa
di più grande di tutto, pur sapendo di essere solo. Quell'effetto,
in quel modo, me l'han fatto provare in pochissimi. E provarlo a
sedici anni vuol dire portartelo dietro in ogni momento importante
del diventare te stesso. The bends è tuttora il disco della mia vita
(avete idea di cosa non siano le b side di quel disco? madonna mia,
la definizione da Devoto Oli di bellezza totale).
Poco
dopo Ok computer è uscito un documentario sulla band, che consiglio
a tutti di recuperare, dal titolo Meeting people is easy. È fatto
di alienazione, noia e azzurrino. Tutte le volte che ho incontrato
qualcuno che lo aveva visto, si cadeva sempre a parlare della stessa
scena: Thom che viene rimbalzato all'entrata di un locale in cui
c'era una festa, col buttafuori che lo prende per il culo in quanto
membro dei Radiohead. Quel momento sembrava messo là apposta per far
scattare nella testa del fan le parole “ecco, esattamente”.
(...)
I
Radiohead erano il filtro attraverso il quale affrontavo
(affrontavamo) il non capirci un cazzo della mia (nostra)
adolescenza. Quando nel 2001 sono andato a vederli all'Arena di
Verona c'è stato un momento, alla fine di Paranoid android, in cui
metà Arena cantava con Thom e l'altra metà faceva il coro.
Accendini. Cuori che battevano fuori giri. Tra una nota e l'altra,
tra una sillaba e l'altra, pareva quasi di sentire il silenzio e il
rispetto che ci si aspetta all'interno di un tempio. È stato -di
nuovo- un momento di comunione con altri quindicimila tizi che
sentivano le stesse cose, ognuno a modo proprio. Una preghiera al
nostro non sapere chi siamo.
Finito
il concerto, tornato a casa, al mio paese rimanevamo pur sempre in
due ad ascoltarli (bon, no, in realtà era già uscito Kid A,
Internet era già bello potente e il culto cominciava a crescere, ma
avete capito cosa intendo).
Domani
mi arriva la riedizione di Ok computer (finalmente Lift in versione
studio, che cazzo). E io l'ascolterò. E ci saranno i vecchi dubbi, e
quelli nuovi. E quel momento a Verona. E le camminate col Sony in
diga. E, probabilmente, più occhi lucidi di quanto sia accettabile
per un quasi trentacinquenne. (...)
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