Per
me la solitudine è come per altri la benedizione della chiesa. È la
luce della grazia. Non chiudo mai la porta alle mie spalle senza la
coscienza di compiere un gesto misericordioso nei miei confronti.
Cantor illustrava ai suoi allievi il concetto di infinito raccontando
che c'era una volta un uomo che possedeva un albergo con un numero di
stanze infinito, e l'albergo era al completo. Poi arrivò un altro
ospite. L'albergatore spostò allora l'ospite della stanza numero uno
nella numero due, quello della numero due nella tre, quello della tre
nella quattro, e via di seguito. Così la stanza numero uno rimase
libera per il nuovo ospite. Ciò che mi piace di questa storia è che
tutti coloro che vi sono coinvolti, gli ospiti e l'albergatore,
considerano normalissimo compiere un numero infinito di operazioni
perché un ospite possa trovare pace in una stanza tutta sua. È un
grande omaggio alla solitudine.
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