Tra
le cose essenziali che si preparano dentro di noi vi sono gli
incontri rinviati. Può trattarsi di luoghi e di uomini, di quadri
come di libri. Vi sono città per le quali provo un’attrazione così
forte come se fossi predestinato a trascorrervi una vita intera fin
dall’inizio. Con mille astuzie evito di andarvi, e ogni volta che
si presenta l’occasione di visitarle e vi rinuncio, sento aumentare
a tal segno la loro importanza che si potrebbe quasi pensare che io
sono ancora nel mondo soltanto per quelle città e che sarei già
scomparso da un pezzo se non ci fossero loro che continuano ad
aspettarmi.
Vi
sono persone di cui mi piace sentir parlare, e allora ascolto quanto
più è possibile e con tale avidità che si potrebbe quasi pensare
che in fondo so di loro più di quanto ne sappiano esse stesse – ma
evito di guardare una loro fotografia e mi sottraggo ad ogni
raffigurazione visiva, come se un divieto particolare e legittimo
impedisse di conoscere la loro faccia. Vi sono anche persone che mi
incontrano per anni sul medesimo percorso, che mi danno motivo di
riflettere e mi appaiono come enigmi di cui sono chiamato a trovare
la soluzione, e tuttavia io non rivolgo loro la parola, proseguo in
silenzio per la mia strada, come esse fanno con me, e tutt’e due ci
scambiamo sguardi interrogativi, tutt’e due teniamo le labbra ben
chiuse: io penso a quello che sarà il nostro primo colloquio e mi
eccito all’idea di tutte le cose inaspettate che scoprirò allora.
E
infine vi sono persone che amo da anni senza che esse possano averne
il minimo sospetto, e intanto io divento sempre più vecchio, e ormai
deve apparire come un’assurda illusione l’idea che io glielo dica
mai, sebbene io viva sempre nell’attesa di questo momento stupendo.
Senza questo minuzioso prepararmi al futuro non sarei capace di
vivere, e per me, se mi studio attentamente, questi preparativi non
sono meno importanti delle improvvise sorprese che arrivano come dal
nulla e lasciano senza parola.
Elias
Canetti, Il gioco degli occhi
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