lunedì 25 giugno 2018

Canzonette




Il fatto è che io ho questa passione ambigua per le canzonette italiane anni Settanta. Da quando si trovano su internet non posso farci niente, me le procuro tutte e poi le sento pure. (…) A motivarmi non è il gusto del trash, quella tendenza cafona che va tanto oggi, per cui si torna indietro nei decenni in cerca delle mode popolari scadute esibendo una competenza in materia manifestamente ipocrita allo scopo di mostrarsi spiritosi ed evoluti. È proprio che mi piace riascoltarli, certi pezzi. Gli arrangiamenti mi fanno tenerezza. Sarà perché mi ricordano la radio, che ne so. E poi mi diverto (nel senso che m’incuriosisco) a rileggere i testi. Ci penso su, proprio. All’epoca non ci si pensava mica, alle parole delle canzonette. Le si canticchiava e basta, e forse era giusto cosí: quando senti una canzone non stai mica a chiederti di che parla. È stato con l’avvento del cantautorato che abbiamo cominciato a fare i profondi e tutto il resto. Ma se uno li legge, certi testi di allora, e fa un minimo di confronto, si accorge subito che non erano mica peggio di quelle canzoni che ripetevano due volte la seconda strofa, se capite quello che intendo. Anzi, in molti casi non c’è neanche, il confronto. Prendete, che so, ’A canzuncella degli Alunni del Sole, oppure Minuetto di Mia Martini (...): sono canzoni che hanno delle parole di una tale spudoratezza nel lavare in pubblico i panni sporchi dell’amore, da farti letteralmente chinare la testa (un po’ come se ti avessero confidato una cosa privatissima, di cui sai che dovrai avere cura)

D. De Silva, Sono contrario alle emozioni

 










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