Il
fatto è che io ho questa passione ambigua per le canzonette italiane
anni Settanta. Da quando si trovano su internet non posso farci
niente, me le procuro tutte e poi le sento pure. (…)
A motivarmi non è il gusto del trash, quella tendenza cafona che
va tanto oggi, per cui si torna indietro nei decenni in cerca delle
mode popolari scadute esibendo una competenza in materia
manifestamente ipocrita allo scopo di mostrarsi spiritosi ed evoluti.
È proprio che mi piace riascoltarli, certi pezzi. Gli arrangiamenti
mi fanno tenerezza. Sarà perché mi ricordano la radio, che ne so. E
poi mi diverto (nel senso che m’incuriosisco) a rileggere i testi.
Ci penso su, proprio. All’epoca non ci si pensava mica, alle parole
delle canzonette. Le si canticchiava e basta, e forse era giusto
cosí: quando senti una canzone non stai mica a chiederti di che
parla. È stato con l’avvento del cantautorato che abbiamo
cominciato a fare i profondi e tutto il resto. Ma se uno li legge,
certi testi di allora, e fa un minimo di confronto, si accorge subito
che non erano mica peggio di quelle canzoni che ripetevano due volte
la seconda strofa, se capite quello che intendo. Anzi, in molti casi
non c’è neanche, il confronto. Prendete, che so, ’A canzuncella
degli Alunni del Sole, oppure Minuetto di Mia Martini (...): sono canzoni che hanno delle parole di una tale
spudoratezza nel lavare in pubblico i panni sporchi dell’amore, da
farti letteralmente chinare la testa (un po’ come se ti avessero
confidato una cosa privatissima, di cui sai che dovrai avere cura)
D. De Silva, Sono contrario alle emozioni
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