sabato 23 giugno 2018

Suoni



Un sistema analogico parte dall’idea che esista una realtà oggettiva in questo mondo –un mondo assolutamente unico, o perfetto– e il nostro scopo consista nell’affrontare questa unicità e nel mirare a questa perfezione. Come nell’eterno rebus sull’impossibilità di andare da un punto A a un punto B (la distanza rimanente può essere sempre dimezzata, a prescindere dal cammino percorso), non raggiungeremo mai l’obiettivo ma lotteremo per esso, fedeli alla nostra natura eroica. Per questa ragione la parola fedeltà, con tutte le sue implicazioni di “verità”, echeggiò tanto potentemente per i primi audiofili.
Un sistema digitale rappresenta la negazione più totale di quest’idea: muove invece da un’idea di perfezione e procede a ritroso. Il sistema del CD “sa” che l’intera realtà sonora può essere rappresentata con precisione mediante un insieme di 65.000 componenti di base, purché 44.100 di questi vengano utilizzati per ogni secondo. Inoltre, la perfezione –intesa nel senso analogico– non è contemplata nemmeno come possibilità teorica. Potrete campionare un segnale un miliardo di volte al secondo e ancora vi troverete a spezzettare una curva fluida; poco importa quanti bit userete per descriverlo, otterrete sempre e solo un’approssimazione, un compromesso –per quanto minimo– della realtà sonora. Come aveva affermato un tempo Ivan Davis, l’analogico rappresenta “l’approssimazione della perfezione”, mentre il digitale “perfeziona l’approssimazione”. 







 

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