martedì 19 giugno 2018

Sorrisi




Poi cominciò a parlare delle cose che una volta erano utili, sulle quali c’era consenso, e che ora invece ispiravano sfiducia, come i sorrisi per esempio, negli anni Cinquanta, disse, un sorriso ti apriva tutte le porte. Ora un sorriso ispira diffidenza. Una volta, se eri un venditore ed entravi in qualche posto, la cosa migliore era fare un gran sorriso. Lo stesso se eri cameriere o manager, segretaria, medico, sceneggiatore o giardiniere. Gli unici che non sorridevano mai erano i poliziotti e le guardie penitenziarie. Quelli sono rimasti uguali. Ma gli altri, cercavano tutti di sorridere. Fu il momento d’oro dei dentisti negli Stati Uniti. I neri, naturalmente, sorridevano sempre. I bianchi sorridevano. Gli asiatici. Gli ispanici. Ora sappiamo che dietro un sorriso può nascondersi il tuo peggior nemico. O, detto in altro modo, non ci fidiamo più di nessuno, a partire da quelli che sorridono, perché sappiamo che cercano di ottenere qualcosa da noi. Eppure la televisione americana è piena di sorrisi e di dentature sempre più perfette. Vogliono farci credere che sono brave persone, incapaci di fare del male a una mosca? Nemmeno. In realtà non vogliono nulla da noi. Vogliono solo mostrarci le loro dentature, i loro sorrisi, senza chiederci niente in cambio salvo la nostra ammirazione. Ammirazione. Vogliono che li guardiamo, tutto qui. Le loro dentature perfette, i loro corpi perfetti, i loro modi perfetti, come se si stessero perennemente staccando dal sole e fossero pezzi infuocati, frammenti d’inferno ardente, la cui presenza su questo pianeta obbedisce unicamente alla necessità di essere ossequiati.

Roberto Bolaño, 2666








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