Di
notte faceva un freddo senza pari ed era buio come dentro una bara, e
il lento arrivo del mattino era accompagnato da un silenzio
terribile. Come un’alba prima della battaglia. La pelle cerea del
bambino ormai era quasi trasparente. Gli occhioni grigi e sbarrati
gli davano un’ aria da alieno.
L’uomo
cominciava a pensare che fossero a un passo dalla morte e che
avrebbero dovuto cercarsi un posto dove nessuno li potesse trovare. A
volte, mentre guardava il bambino dormire, gli capitava di scoppiare
in un pianto incontrollabile, ma non era il pensiero della
morte. Non sapeva bene cosa fosse però gli sembrava che avesse a che
fare con la bellezza o la bontà. Cose a cui non aveva più modo di
pensare.
Si
acquattarono in un bosco lugubre e bevvero l’acqua di uno stagno
filtrata con uno straccio. In sogno vide il bambino steso su un
tavolo di obitorio e si svegliò inorridito.
Quello che riusciva a sopportare di giorno di notte diventava insopportabile, e rimase sveglio per paura che l’incubo si ripresentasse.
Quello che riusciva a sopportare di giorno di notte diventava insopportabile, e rimase sveglio per paura che l’incubo si ripresentasse.
(...)
Usci fuori nella luce livida, rimase lì in piedi e
per un attimo vide l’assoluta verità del mondo. Il moto gelido e
spietato della terra morta senza testamento. L’oscurità implacabile.
I cani del sole nella loro corsa cieca. Il vuoto nero e schiacciante
dell’universo. E da qualche parte due animali braccati che
tremavano come volpacchiotti nella tana. Un tempo e un mondo presi in
prestito e occhi presi in prestito con cui piangerli.
(...)
Adesso
faceva sogni floridi da cui detestava svegliarsi. Cose che il mondo
non conosceva più. Il freddo lo spingeva ad alzarsi per riattizzare
il fuoco. Ricordi di lei che attraversava il giardino diretta alla
casa di prima mattina, con una sottile camicia da
notte rosa che le aderiva al seno. Pensava che ogni ricordo evocato non poteva che violare le proprie origini. Come in un gioco di società. Di’ una parola e passala al vicino.
Quindi bisognava essere parsimoniosi. Ciò che si altera ricordando ha comunque una sua realtà, che la si conosca o meno.
notte rosa che le aderiva al seno. Pensava che ogni ricordo evocato non poteva che violare le proprie origini. Come in un gioco di società. Di’ una parola e passala al vicino.
Quindi bisognava essere parsimoniosi. Ciò che si altera ricordando ha comunque una sua realtà, che la si conosca o meno.
Vagarono
per le strade avvolti nelle coperte luride. L’uomo teneva la
pistola alla vita e il bambino per mano. All’estrema periferia
della città si imbatterono in una casa isolata in mezzo a un
campo; la raggiunsero, entrarono e passarono da una stanza all’altra.
Si videro riflessi in uno specchio e lui quasi alzò la pistola.
Papà,
siamo noi, disse il bambino. Siamo noi.
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