Il
giorno in cui sono nato, c' era un gatto che aspettava dall' altro
lato della porta. Mio padre fumava in cortile, a Mar del Plata. Mia
madre dice che è stato un parto difficile, alle quattro e venti del
pomeriggio d' un giorno d' estate. Il sole spaccava la terra. I
giovani Borges e Bioy Casares se ne stavano da quelle parti, a Los
Troncos, impegnati a creare le storie allucinate di don Isidro
Parodi. A Borges i gatti gli andavano dietro. In una delle sue foto
più belle, sta insieme a Maria Kodama, che ne tiene uno tra le
braccia; Borges lo accarezza come un amico. A me, un gatto ha portato
la soluzione per Triste, solitario y final. Era nero, con lo
sguardo deciso, molto simile a Taki, la gatta di Chandler. Un altro,
el Negro Ven, mi ha tenuto compagnia nell' esilio ed è morto a
Buenos Aires. Ce n' è stato uno, di nome Peteco, che mi ha tratto d'
impaccio molte volte nei giorni in cui stavo scrivendo La resa del
leone. Vivevo insieme a una ragazza allergica ai gatti, e poco dopo
ci siamo separati.
Osvaldo
Soriano, Ribelli, sognatori e fuggitivi
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