Al
di fuori di una poesia, di un quadro, di una metafora, di una
architettura o di una musica, la sicurezza si può raggiungere forse
solo a costo di una ben precisa limitazione di sé, chiudendosi nel
recinto di una porzione di mondo che si conosce e si è scelta, in un
ambiente che ci è noto e comprensibile, nel quale sia possibile
disporre di sé in modo efficace e immediato. Ma possiamo davvero
desiderare una condizione del genere? La nostra sicurezza deve invece
in qualche modo trasformarsi in una relazione con il tutto, con il
mondo nel suo complesso; essere sicuri per noi significa conoscere
l’innocenza del torto e accettare la capacità del dolore di
tramutare in forma; significa rifiutare i nomi per onorare, come
fossero nostri ospiti, i singoli collegamenti e legami che il destino
nasconde dietro ogni nome; significa nutrimento e rinuncia fino a
sprofondare nello spirito, (…) significa non sospettare di nulla,
non tenere nulla a distanza, non considerare nulla come un Altro
irriducibile, significa spingersi oltre ogni concetto di proprietà e
vivere di acquisizioni spirituali e mai di possessi reali (…).
Questa sicurezza tutta da osare accomuna le ascese e le cadute della
nostra vita e in questo modo dona loro un senso. Accogliere la
vastità dell’insicurezza: in un’infinita insicurezza anche la
sicurezza diviene infinita.
Rainer
Maria Rilke
da La
vita comincia ogni giorno. Lettere
di saggezza e commozione
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