Le nozze di Messi e “Tito” Malgioglio
Dunque,
i 260 selezionatissimi invitati al matrimonio di Lionel Messi e
Antonella Roccuzzo, celebrato il 30 giugno a Rosario (Argentina),
invitati dagli sposi a non fare regali ma donazioni alla
Organizzazione non governativa Techo Argentina, che si occupa
dell’allestimento di rifugi d’emergenza, hanno raccolto tutti
assieme, da Neymar a Suarez, da Piquè a Shakira, 200 mila pesos, che
tradotti in moneta estera fanno 11 mila dollari, o 10 mila euro se
preferite: media donazione, 37 euro a testa.
Nel
leggere la notizia della miserabile colletta, mi è tornato alla
mente Astutillo Malgioglio, per gli amici Tito, il portiere di
riserva dell’Inter di Trapattoni – quella dello scudetto dei
record – che nel 1987 andai ad intervistare per Il Giorno, il
quotidiano per cui allora lavoravo, a Piacenza, dove Tito abitava.
Avevo saputo che Malgioglio, allora 29enne, aveva aperto vicino a
casa una palestra per la rieducazione motoria dei bambini
cerebrolesi; aveva chiamato la struttura ERA 77 (acronimo di Elena,
il nome della figlia nata appunto nel 1977, di Raffaella, la moglie,
e di Astutillo) e coadiuvato dalla moglie prestava questo servizio
gratuitamente mettendo a disposizione tutto il suo tempo libero. (...)
Malgioglio
mi raccontò cose bellissime e bruttissime. Cose vere. Mi raccontò
che stava facendo tutto questo da 7-8 anni ma a fari spenti, quasi in
incognito: perché non era buona cosa, per come andavano le cose nel
mondo del pallone, che un calciatore professionista si distraesse con
pensieri (o attività) inutili o bizzarre come, appunto, aiutare il
prossimo. A meno di non incontrare sulla propria strada due persone
come Nils Liedholm e Sven Goran Eriksson, come capitò a Tito nei due
anni alla Roma dall’83 all’85, che convinsero Dino Viola a
mettere a disposizione di Malgioglio, nel tempo libero, la palestra
di Trigoria, per permettergli di fare anche a Roma quel che aveva
cominciato a fare a Piacenza.
Mi
raccontò che l’Associazione Calciatori, sul suo giornale, aveva
aperto una sottoscrizione tra tutti gli iscritti (gli oltre mille
calciatori di serie A, serie B, serie C1 e serie C2) per raccogliere
fondi a favore dell’attività di Tito; e che alla fine il ricavato
era stato di 700 mila lire, che con un certo imbarazzo l’AIC aveva
provveduto a fargli avere. Mi raccontò, soprattutto, che un giorno Jurgen Klinsmann lo aveva avvicinato e gli aveva
chiesto come mai finiti gli allenamenti lo vedesse andarsene, sempre,
così di fretta a Piacenza. Tito gli aveva spiegato il perché e
Klinsmann gli aveva detto: domani vengo con te, voglio vedere con i
miei occhi quello che fai.
Klinsmann
mantenne la promessa. Salì sul maggiolino scassato di Malgioglio,
andò con lui a Piacenza, passo l’intero pomeriggio a guardare Tito
assistere i bambini cerebrolesi. Poi, prima di risalire sul
maggiolino per farsi riportare a Milano, sfilò di tasca il libretto
degli assegni e senza dire una parola scrisse 70 milioni (settanta
milioni), staccò l’assegno e lo consegnò al compagno. Aveva gli
occhi lucidi. Come quelli di Malgioglio.
Paolo
Ziliani 7
Agosto 2017
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