sabato 23 settembre 2017

Perturbamento




Io mi faccio incontro a qualcuno e penso: che cosa stai pensando? Posso, mi chiedo, fare un tratto di strada insieme con te nel tuo cervello? La risposta è: no! Non possiamo camminare insieme per una stessa strada in un unico cervello. Noi ci costringiamo a non percepire il nostro abisso. Eppure, per tutta la vita, non facciamo altro che guardare giù, al nostro abisso fisico e psichico, pur senza percepirlo… molte volte, mentre conversiamo con qualcuno, ci tranquillizza l’ipotesi che a rendere il mondo del nostro interlocutore più grande del nostro per altezza e profondità sia soltanto una piccola, micidiale differenza. Noi infatti siamo senz’altro in grado di esaminare una cosa contemporaneamente dal punto di vista dell’infinità della sua larghezza e da quello dell’infinità della sua lunghezza. Nelle nostre lettere ci raccontiamo l’un l’altro quello che ci sembra importante - spesso soltanto piccoli particolari, al fine di descrivere alcuni dettagli della strada che la nostra persona percorre inoltrandosi verso la propria fine – confidando che l’altra persona stia percorrendo lo stesso tratto di strada. Certe persone che non ci sono simpatiche non le lasciamo recitare nello spettacolo che abbiamo allestito; se vi si introducono, noi le scacciamo. Se uno si rende perfettamente conto dell’aspetto meccanico del proprio corpo, non riesce più a respirare.

Thomas Bernhard, Perturbamento 

 

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