martedì 19 settembre 2017

Risvegli




Harry si svegliò. L'eco di un sogno, un urlo, si dissolse.
Che tipo di risveglio era stato? In generale, ne esistevano cinque.
Il primo era il risveglio da lavoro. Per molto tempo era stato il migliore. Allora passava direttamente al caso di cui si stava occupando. A volte il sonno, i sogni, avevano modificato la prospettiva, e lui poteva rimanere a letto a passare in rassegna gli elementi che aveva, pezzetto dopo pezzetto, guardandoli dalla nuova angolazione. Con un po' di fortuna riusciva a scorgere qualcosa di inedito, a vedere un lembo della faccia nascosta della luna. Non perché la luna si fosse spostata, bensí perché si era spostato lui.
Il secondo era il risveglio solitario. Era caratterizzato dalla consapevolezza di essere solo nel letto, solo nella vita, solo al mondo, e a volte lo colmava di una dolce sensazione di libertà, altre di una malinconia che forse poteva essere definita senso di solitudine, o forse era soltanto uno scorcio di quello che una persona in effetti è, ossia un viaggio dal legame reciproco del cordone ombelicale alla morte, che infine ci separa da tutto e da tutti. Una sbirciata nell'attimo del risveglio prima che ogni nostro meccanismo di difesa e illusione consolatoria ritrovi il suo posto e possiamo incontrare la vita nella sua luce ingannevole.
Poi c'era il risveglio angoscioso. (...) Era possibile graduare l'angoscia, ma arrivava all'improvviso. Difficile indicare un pericolo o una minaccia esterni, piú che altro si trattava di un senso di panico generale per essere sveglio, essere vivo, essere qui. Ma di quando in quando si riusciva a individuare una minaccia interiore. La paura di non essere piú terrorizzato. Di diventare definitivamente, irrimediabilmente pazzo.
Il quarto tipo presentava delle analogie con il risveglio angoscioso. Era il risveglio «c'è qualcuno». Mandava il cervello in due direzioni diverse. Indietro: come accidenti è successo? E in avanti: come faccio ad andar via di qui? A volte quella reazione «combatti o fuggi» spariva, ma allora tornava piú tardi, e quindi non rientrava tra i «risvegli».
E poi c'era il quinto. Che era un tipo di risveglio nuovo per Harry Hole.
Il risveglio soddisfatto. All'inizio era rimasto sorpreso della possibilità di svegliarsi felice e d'istinto aveva passato in rassegna tutti i parametri: in cosa consistesse davvero la sua «felicità» idiota, se non fosse semplicemente l'eco di un bel sogno sciocco. Ma quella notte non aveva fatto bei sogni (…) si era svegliato felice lo stesso, giusto? Giusto. E a mano a mano che quei risvegli si erano ripetuti, una mattina dopo l'altra, aveva cominciato ad abituarsi all'idea di essere in effetti un uomo molto soddisfatto, di aver trovato la felicità verso la fine dei quaranta e di sembrare in grado, per il momento, di aggrapparsi a quel paese appena conquistato.
La causa principale si trovava a meno di un braccio da lui e aveva un respiro regolare e calmo. I suoi capelli erano sparsi sul cuscino come i raggi di un sole corvino.


Che cos'è la felicità? Harry aveva letto un articolo riguardante uno studio sulla felicità in cui si dimostrava che, se si prende come punto di partenza la felicità del sangue, ossia il livello di serotonina, pochi accadimenti esterni sono in grado di aumentarlo o ridurlo nel tempo. Puoi perdere un piede, puoi ricevere la notizia che sei sterile o che la tua casa è stata distrutta da un incendio. Lí per lì il livello di serotonina scende, ma dopo sei mesi ti ritrovi piú o meno felice come prima. Lo stesso succede se ti compri una villa ancora piú grande o un'auto ancora piú costosa. Ma gli scienziati erano giunti alla conclusione che c'erano comunque alcune cose che incidevano positivamente sul senso di felicità. Una delle piú importanti era il matrimonio. 
 
Jo Nesbo, Sete






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