Harry
si svegliò. L'eco di un sogno, un urlo, si dissolse.
Che
tipo di risveglio era stato? In generale, ne esistevano cinque.
Il
primo era il risveglio da lavoro. Per molto tempo era stato il
migliore. Allora passava direttamente al caso di cui si stava
occupando. A volte il sonno, i sogni, avevano modificato la
prospettiva, e lui poteva rimanere a letto a passare in rassegna gli
elementi che aveva, pezzetto dopo pezzetto, guardandoli dalla nuova
angolazione. Con un po' di fortuna riusciva a scorgere qualcosa di
inedito, a vedere un lembo della faccia nascosta della luna. Non
perché la luna si fosse spostata, bensí perché si era spostato
lui.
Il
secondo era il risveglio solitario. Era caratterizzato dalla
consapevolezza di essere solo nel letto, solo nella vita, solo al
mondo, e a volte lo colmava di una dolce sensazione di libertà,
altre di una malinconia che forse poteva essere definita senso di
solitudine, o forse era soltanto uno scorcio di quello che una
persona in effetti è, ossia un viaggio dal legame reciproco
del cordone ombelicale alla morte, che infine ci separa da tutto e da
tutti. Una sbirciata nell'attimo del risveglio prima che ogni nostro
meccanismo di difesa e illusione consolatoria ritrovi il suo posto e
possiamo incontrare la vita nella sua luce ingannevole.
Poi
c'era il risveglio angoscioso. (...) Era possibile graduare
l'angoscia, ma arrivava all'improvviso. Difficile indicare un
pericolo o una minaccia esterni, piú che altro si trattava di un
senso di panico generale per essere sveglio, essere vivo, essere qui.
Ma di quando in quando si riusciva a individuare una minaccia
interiore. La paura di non essere piú terrorizzato. Di diventare
definitivamente, irrimediabilmente pazzo.
Il
quarto tipo presentava delle analogie con il risveglio angoscioso.
Era il risveglio «c'è qualcuno». Mandava il cervello in due
direzioni diverse. Indietro: come accidenti è successo? E in avanti:
come faccio ad andar via di qui? A volte quella reazione «combatti o
fuggi» spariva, ma allora tornava piú tardi, e quindi non rientrava
tra i «risvegli».
E
poi c'era il quinto. Che era un tipo di risveglio nuovo per Harry
Hole.
Il
risveglio soddisfatto. All'inizio era rimasto sorpreso della
possibilità di svegliarsi felice e d'istinto aveva passato in
rassegna tutti i parametri: in cosa consistesse davvero la sua
«felicità» idiota, se non fosse semplicemente l'eco di un bel
sogno sciocco. Ma quella notte non aveva fatto bei sogni (…) si
era svegliato felice lo stesso, giusto? Giusto. E a mano a mano che
quei risvegli si erano ripetuti, una mattina dopo l'altra, aveva
cominciato ad abituarsi all'idea di essere in effetti un uomo molto
soddisfatto, di aver trovato la felicità verso la fine dei quaranta
e di sembrare in grado, per il momento, di aggrapparsi a quel paese
appena conquistato.
La
causa principale si trovava a meno di un braccio da lui e aveva un
respiro regolare e calmo. I suoi capelli erano sparsi sul cuscino
come i raggi di un sole corvino.
Che
cos'è la felicità? Harry aveva letto un articolo riguardante uno
studio sulla felicità in cui si dimostrava che, se si prende come
punto di partenza la felicità del sangue, ossia il livello di
serotonina, pochi accadimenti esterni sono in grado di aumentarlo o
ridurlo nel tempo. Puoi perdere un piede, puoi ricevere la notizia
che sei sterile o che la tua casa è stata distrutta da un incendio.
Lí per lì il livello di serotonina scende, ma dopo sei mesi ti
ritrovi piú o meno felice come prima. Lo stesso succede se ti compri
una villa ancora piú grande o un'auto ancora piú costosa. Ma gli
scienziati erano giunti alla conclusione che c'erano comunque alcune
cose che incidevano positivamente sul senso di felicità. Una delle
piú importanti era il matrimonio.
Jo
Nesbo, Sete
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